L'albero dell'ulivo, tipico delle culture del Vicino Oriente, nella Bibbia è simbolo di pace, fecondità, benessere, benedizione. La prima citazione dell'ulivo nella Bibbia appare alla fine del racconto del diluvio quando la colomba porta a Noè, come segno di pace, un ramoscello di olivo (cfr. Gen 8,9).
Dio si era riconciliato con l'umanità peccatrice e tutta la terra, rigenerata dal perdono e nella pace, tornava a fiorire. L'ulivo è uno dei sette prodotti simbolo della ricchezza della terra promessa: «II Signore tuo Dio sta per farti entrare in un paese fertile, paese di frumento, di orzo e di viti, di fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele» (Dt 8,8; 2 Re 18,32). L'ulivo è un bene che va condiviso con i poveri: «Quando bacchierai i tuoi ulivi, non tornerai indietro a ripassare i rami: saranno per il forestiero, per l'orfano e per la vedova» (Dt 24, 20).
Nei libri profetici - in particolare Geremia - l'ulivo è simbolo dell'identità di Israele: «Ulivo verde, maestoso, era il nome che il Signore ti aveva imposto» (Ger 11,16). Il profeta Osea descrive la fertilità e la gioia della sposa infedele, ricondotta da Dio alla fedeltà, nei simboli dei germogli di ulivo: « Metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell'olivo e la fragranza del Libano» (Os 14,6a-7). La bellezza dell'olivo significa benessere e fecondità. .
Nel periodo postesilico l'olivo diviene segno di speranza. II profeta Zaccaria vede un candelabro d'oro con in cima un recipiente con sette lucerne e sette beccucci per le lucerne. Due olivi gli stanno vicino, uno a destra e uno a sinistra (cfr. Zc 4,1a-3). I due olivi rappresentano il re Zorobabele di stirpe davidica e Giosuè, sommo sacerdote. Questi personaggi definiti «figli dell'olivo» simboleggiano il sommo sacerdozio (Giosuè) e la regalità (Zorobabele): la comunità postesilica vive una nuova speranza. Il sacerdozio, infatti, media il perdono rendendo possibile l'accesso a Dio e la regalità davidica ricostruisce il Tempio dove Dio si rende presente e il popolo gli presta il culto dovuto.
I salmi presentano i credenti come olivo verdeggiante: «Ma io, come olivo verdeggiante nella casa di Dio, confido nella fedeltà di Dio in eterno e per sempre» (Sal 52,10) e i figli del credente sono 'virgulti d'ulivo' perché segno di benessere e ricchezza (cfr. Sal 128).
L'apostolo Paolo ricorre alla metafora agricola dell'albero buono e di quello cattivo prendendo in considerazione i rami dell'olivastro e i rami dell'olivo per determinare le relazioni tra israeliti increduli e gentili credenti con un paragone logicamente strano ma adatto ad esprimere la capacità di Dio di realizzare l'impossibile: l'integrazione dei pagani - olivo selvatico - nella salvezza (Rom 11, 16b-23) senza rinnegare che Israele è la radice santa che ci porta (v.18) perché a lui sono state fatte le promesse di Dio che sono irrevocabili.
Il simbolo dell'olivo come pace, fecondità, benedizione si riferisce anche a Gesù. Accolto a Gerusalemme con rami di alberi (Mt 21,9) e di palma (Gv 12,13) prima di morire «se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi» per pregare (Lc 22,39-42). La sua preghiera profonda avviene nel Getsemani che significa frantoio dell'olio: «Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani» (cfr. Mt 26,36; Mc 14,32). Nel Getsemani Gesù sarà torchiato e spremuto come si spremono le olive. Egli è l'olivo verdeggiante dalla cui donata sgorga la pace, la riconciliazione, la risurrezione.