La chiave nell'Antico Testamento indica lo strumento che apre la porta o la chiude: «Aspettarono fino a essere inquieti... Allora presero la chiave, aprirono, ed ecco che il loro signore era steso per terra, morto». (cfr. Gdc 3,25; cfr. 1Cr 9,27).
Le case e gli edifici ebraici erano provvisti di porte che si aprivano con la chiave di metallo o di legno con delle punte di ferro. I leviti con la chiave aprivano e chiudevano la porta del Tempio. La chiave era necessaria alla porta che immetteva nella città e costituiva il centro della vita sociale (cfr. Gb 29,7; cfr. Rt 4,1-11; cfr. Dt 21,19; 22,5; Prv 24,7). La chiave, proprio perché permette a chi la possiede, di entrare e uscire, è simbolo di autorità su una città, un regno, una casa. Il profeta Isaia scrive: «Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire» (Is 22,22). La chiave sulle spalle fa supporre che, a volte, fosse così pesante da doversi portare sulle spalle, ma simbolicamente indica che il maggiordomo, cui il testo si riferisce, riceve autorità regale.
Nel Nuovo Testamento la chiave è evocata come simbolo di autorità e di potere. Negli scritti rabbinici significa anche potere della conoscenza. Gesù ammonisce i dottori della Legge perché impediscono alle persone semplici di conoscere le esigenze della legge di Dio: «Guai a voi, dottori della legge, poiché avete tolta la chiave della scienza! Voi stessi non siete entrati, ed avete impedito quelli che entravano» (Lc 11,52; cfr. Mt 23.13).
Nell'Apocalisse la chiave è simbolo di Gesù morto e risorto, anzi, è la chiave di Davide. Egli, Messia mandato da Dio, possiede il potere sovrano (Ap 3, 7), che vince anche morte, a cui ha tolto l'ultima parola: «Io sono il primo e l'ultimo, e il Vivente; e fui morto, ma ecco son vivente per i secoli dei secoli, e tengo le chiavi della morte e dell'Ades» (1,18). La chiave, cioè, il potere che la morte pretendeva di avere, appartiene a Cristo che lo trasmette ai suoi Angeli. L'Angelo ha la chiave dell'abisso, incatena il Drago, il serpente antico, Satana, e lo rinchiude nell'abisso (Ap 9,1; 20,1).
Gesù dona a Pietro "il potere delle chiavi" che non coincide con particolari forme di dominio. Sono chiavi speciali collegate al regno dei cieli: «A te darò le chiavi del regno dei cieli» (Mt 16,19) che allude alla Chiesa. Il "potere delle chiavi" è collegato alla metafora del legare e sciogliere, e secondo la mentalità ebraica, potrebbe connettere il legare al proibire e lo sciogliere al permettere. Le chiavi che Gesù dona a Pietro, di fatto, hanno un orizzonte diverso e più ampio: lo investono della responsabilità di custodire e amministrare i beni preziosi delle realtà salvifiche. Al contrario dei rabbini, rimproverati da Gesù (cfr. Mt 23,13), le chiavi date a Pietro devono permettere a tutti l'ingresso nel Regno di Dio e, per tale ragione, il "potere delle chiavi" richiama l'autorità come servizio alla vera conoscenza di Dio e alla comunione ecclesiale.
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