L’agricoltore, nelle giornate della raccolta, se la vendemmia è buona vive il successo della sua dedizione operosa per rendere la vigna fertile ma se il raccolto è scarso o di cattiva qualità sperimenta il fallimento del suo impegno.
La vendemmia nella Bibbia è un momento così importante da esentare dalla guerra il vignaiolo che avesse piantato una vigna: «C'è qualcuno che abbia piantato una vigna e non ne abbia ancora goduto il primo frutto? Vada, torni a casa, perché non muoia in battaglia e un altro ne goda il primo frutto» (cfr. Dt 20,6). La vendemmia è un tempo di festa e allegria: «Usciti nella campagna, vendemmiarono le loro vigne, pigiarono l'uva e fecero festa» (Gdc 9,27; cfr. Is 16,10; cfr. Ger 25,30). Al pari della mietitura (Lv 19,9), impegna l’agricoltore alla solidarietà: deve ricordarsi dei poveri, permettendo loro di scorgere la premura di Dio nei loro riguardi. Per questo era festa anche per i poveri e per gli stranieri che potevano raccogliere i grappoli lasciati per loro nelle viti: «Quanto alla tua vigna, non coglierai i racimoli e non raccoglierai gli acini caduti: li lascerai per il povero e per il forestiero. Io sono il Signore, vostro Dio» (Lv 19,10). Il Deuteronomio intima di non tornare indietro per racimolare quanto è rimasto: «Quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare. Sarà per il forestiero, per l'orfano e per la vedova» (Dt 24,21).
La vendemmia, però, è anche simbolo del castigo di Dio che pigia gli empi come l’uva nel torchio (cfr. Is 63, 2-4; Gioele 4,13). Simbolo del giudizio di Dio per il popolo infedele che, pur essendo “vigna” curata con amore, anziché dare un’eccellente vendemmia, produce acini acerbi e immangiabili. Fuori metafora, il popolo d’Israele, che la Bibbia paragona a una vigna eletta, rompendo l’alleanza, delude le attese del suo Signore perché, invece di produrre il buon vino della festa, commette ingiustizie, violenze, e sparge sangue. Lo esprime, con toni accorati, il profeta Isaia:

«Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle.
Egli l'aveva dissodata e sgombrata dai sassi
e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torre
e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva;
essa produsse, invece, acini acerbi» (cfr. Is 5,1-4.7).

L’Apocalisse nel simbolo composito della vendemmia (14,18-19) interpreta il giudizio di Dio sul mondo alla luce del mistero pasquale di Gesù e non soltanto come vendemmia di Dio sui nemici di Israele (cfr. Isaia e Gioele). Il veggente vede il mondo o la storia come una vigna, pronta per la vendemmia, che l’angelo deve eseguire con una falce affilata, in segno di giudizio. La vigna, poi, diventa un unico tino dove si spreme l’uva. Il suo succo richiama il sangue e la sofferenza che sono simboli della storia umana dominata dal male. Il tino che viene portato fuori dalla città, in realtà, è Gesù che «per santificare il popolo con il proprio sangue, subì la passione fuori della porta della città» (cfr. Eb 14,15) aprendo la via della salvezza all’umanità.