Prossimo

Parole della Bibbia

Nel linguaggio comune il termine prossimo può avere significati spaziali: “avanti il prossimo” diciamo quando siamo in fila; o cronologici, per intendere il seguente o il successivo. Nella Bibbia prossimo o prossimità non indica chi sta dietro, ma prossimo è la persona umana che è “come me”.

Il fondamento di questa certezza sta in Dio che creò l’essere umano «a sua immagine e somiglianza» (cfr. Gn 1,26) da cui sgorga il comando «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» (Lev 19,2). Egli, Dio santo, liberando il popolo dalla schiavitù egiziana, si è fatto vicino, solidale, suo prossimo. Prossimo è chi ti è vicino e fa parte di te: «Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo come te stesso» (cfr. Lv 19,18; Lv 18,3; 19,36; 20,22-23; 22,33). Prossimo è il connazionale che conosci, e ti conosce, e qualsiasi membro del popolo (Lv 19, 13-14); il lavoratore che fatica per sostenere la sua famiglia ed è soggetto di diritti (cfr. Sir 7.20; Dt 24,14). Sono prossimo le categorie più sfortunate: le vedove, gli orfani, i malati, gli invalidi, che per tale motivo meritano attenzione e rispetto (cfr. Sir 4,1-5). Prossimo è il “senza patria”: «Il forestiero dimorante fra di voi lo tratterete come colui che è nato fra di voi; tu l'amerai come tu stesso perché anche voi siete stati forestieri nel paese d'Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio» (Lev 19,33-34). Nell’Antico Testamento «ama il prossimo tuo come te stesso» non è il compendio di un’etica, ma uno stile di vita che affonda le sue radici nell’amore compassionevole di Dio che si prende cura di tutti.
Il Nuovo Testamento, nell’osservanza convinta di questo precetto, mostra il cuore e il compimento di tutta la Legge, anzi la regola d’oro (Mt 5,43; 19,19; 22,39; Mc 12,31; Rm 13,9; Gal 5,14; Gc 2,8, Mt 7,12; Lc 6,31). Gesù con la parabola del buon samaritano chiarisce l’identità di chi è prossimo (Lc 10,29-37). Sulla strada deserta uno sconosciuto giace a terra ferito e mezzo morto. Passano un levita e un sacerdote, che vedendolo proseguono per la propria strada. Passa anche uno straniero che gli si fa vicino, se ne prende cura, pagando di tasca propria. Gesù al maestro della legge che voleva sapere chi fosse il prossimo, domanda: «Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Ed egli risponde: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù conclude: «Va' e anche tu fa' così».
Il termine prossimo non è, perciò, un concetto astratto racchiuso in una definizione religiosa. Prossimo è chi entra “nella pelle dell’altro” e, riconoscendolo uno “come me” annulla le distanze e gli procura dignità e vita.

Da sapere

A Natale facciamo memoria della più ricca e rivelativa espressione della prossimità: il nome “Emmanuele”, dato al Bambino Gesù, significa “Dio con noi”. Assumendo la nostra natura e facendosi in tutto simile agli uomini, eccetto il peccato, Gesù «non si vergogna di chiamarli fratelli» e avendo sofferto per noi «è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova» (Eb 2,11.18). Con la sua morte in Croce e la sua risurrezione «annullò le distanze e i muri di separazione e dell’inimicizia» (cfr. Ef 2,13-14) per renderli la sola famiglia di Dio dove la reciproca prossimità genera il benessere della pace. «Guardiamoci intorno, guardiamo soprattutto a quanti sono nell’indigenza, il fratello che soffre dovunque si trovi: il fratello che soffre ci appartiene, è Gesù nella mangiatoia» (Francesco, Natale 2020).

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