Un'amicizia da coltivare

VI Domenica di Pasqua - Anno B

Accogliere e seguire Gesù come amico.

Nel brano di Vangelo che la liturgia ci propone in questa domenica, pochi versetti del lungo addio agli apostoli dopo la lavanda dei piedi e prima dell’andata all’orto degli ulivi, Gesù approfondisce quello che ha detto con la similitudine della vigna: «Rimanete in me e io in voi». Lo fa con questa affermazione: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi». Il messaggio così è forse più facile da comprendere, perché l’amicizia è un’esperienza che tutti, o in positivo o in negativo, abbiamo sperimentato o stiamo sperimentando. Essa, l’amicizia, è una modalità di amore difficile, perché non la si trova gratuitamente come la gioia per la bellezza (l’eros), e non la si dà gratuitamente, come l’amore dei genitori per i figli, (l’amore “dono”), ma richiede un contraccambio, e va rimotivata continuamente, altrimenti indebolisce fino a scomparire. La prima condizione per tenerla viva è la condivisione di quello che si è e di quello che si fa. È ciò che ha fatto anche Gesù, ai sui livelli, con gli apostoli: «Tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi». Non possono poi mancare la reciprocità e il contraccambio: le attenzioni, i saluti, i doni devono essere “scambiati” altrimenti il rapporto diventerebbe una forma di sfruttamento, nonché la fiducia, la sincerità, la discrezione, la fedeltà.
Gesù, come appare da una lettura attenta dei vangeli, ha vissuto con gli apostoli questa amicizia con momenti belli e difficili, tranquilli e agitati. Quando poi la sua l’amicizia arriva a essere talmente profonda da dare senza pretendere niente, essa diventa “amore dono”, del quale l’immagine più alta, unica e irraggiungibile è la croce.

Chiamati amici, invitati a esserlo

A Gesù che ci chiama amici dobbiamo rispondere con gli stessi sentimenti che nutrono le nostre amicizie più care, sincere e profonde. Ma questa amicizia con Gesù è possibile, oppure è una bella frase, o una illusione pia e devota senza riscontri pratici nella vita concreta? Essa è possibile, doverosa e salutare. Vivere la fede come un rapporto di amicizia, rinnovato e ravvivato ogni giorno e in ogni situazione, cambia completamente la qualità della fede in lui. L’amico è sincero, vero, leale, generoso, riconosce i suoi limiti e le sue mancanze, sa chiedere scusa e perdonare, ricorda cosa è gradito all’altro, sente il bisogno e il piacere di sentirlo e di vederlo. Così è Gesù con noi e così chiede di contraccambiarlo. È così che si evita il rischio che la fede si riduca a pratica religiosa, a recita di formule con la testa altrove, a riti senza cuore, a tentativi di portare il Signore sulle nostre strade, provando e a farlo camminare come vogliamo noi, e a sostenere i nostri progetti. Tutt’altra è vivere in amicizia con lui, condividendo gioie, dolori, stanchezze, cadute, desideri bene, capacità di amare e di perdonare.

I comandamenti non sono una gabbia

L’amicizia è gratuita, libera, la si può chiedere e la si può dare, ma non imporre, non può esserci chi decide e chi esegue. Ed ecco che l’amicizia con Gesù pone un bel problema, perché egli non si limita a proporsi come amico e a invitare a essere suoi amici, ma impone una condizione: «Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando»; «chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama» (Gv 14,15; 21). Il dubbio nasce perché i Dieci Comandamenti sono considerati minacciose imposizioni. Essi in realtà sono un dono, e così furono accolti da Mosè: «Le osserverete dunque [queste parole] e le metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli» (Dt 4,6).
Ogni perplessità scompare con la riduzione a uno compiuta da Gesù: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12). I “suoi” comandamenti… il “suo” comandamento non esclude un’amicizia vera con lui, ma ne diventa una garanzia, nonché un criterio per riconoscere la verità delle nostre amicizie e le strade giuste per coltivarle.


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