Specchio, specchio delle mie brame

Io - Tu - Noi

Può un’adolescente volersi bene? Che cosa può significare per lui questa espressione? Che cosa pensa di dover fare per raggiungere questo obiettivo? È possibile programmare un percorso che giunga a questo traguardo? Volersi bene è così difficile per ciascuno di noi – giovani e adulti – che l’idea di poterlo perseguire coscientemente è quantomeno irrealistica, soprattutto perché questo obiettivo non è raggiungibile senza il rispecchiamento di un ambiente che sa volere il bene, pensare bene dell’individuo.

Riflettiamo sull’enigma dello specchio. Lo specchio è per molti immagine di un fenomeno molto esteso nel nostro tempo, quello del narcisismo. Il giovane che si rispecchia nell’acqua e si innamora della sua immagine, tanto da non accogliere nessun invito all’alterità e alla reciprocità, ci è consegnata dai versi di Ovidio e, nella ricerca psicologica, è diventata l’espressione di un atteggiamento in cui il soggetto è ripiegato su se stesso, preso soltanto da se stesso.
C’è un’altra interpretazione dello specchio e della sua funzione. Gli psicologi dell’età evolutiva parlano della fase dello specchio come essenziale per lo sviluppo del bambino. Con questo si intende dire che il piccolo cucciolo d’uomo ha bisogno di occhi che lo guardino con amore e in cui potersi rispecchiare, per scoprire il suo valore e la sua bellezza, e poter iniziare la grande avventura della realizzazione di sé.

Lo sguardo amoroso della mamma, che lo rispecchia, dona al bambino il senso della sua identità, lo fa scoprire amato e, quindi, amabile. Senza questa esperienza il bambino non può riconoscersi e tantomeno può sviluppare l’amore di sé. Donald Winnicott ci ricorda che quando questo specchio è offuscato, a causa di una madre assente o troppo preoccupata di sé, il bambino vede nello specchio ciò che non è e non impara a riconoscersi.
Favorire tale funzione di riconoscimento è, in modi e gradi diversi, compito di ogni educatore, soprattutto in momenti delicati di passaggio, come è quello della preadolescenza e adolescenza, dove l’immagine di sé è sottoposta a una vera e propria ridefinizione. Come spiega Matteo Lancini, presidente dell’associazione Minotauro, anche il dilagare del fenomeno del selfie nell’adolescenza testimonia questo bisogno: «Nella fisiologia della crescita il selfie può assumere un significato evolutivo. Contribuisce, infatti, alla costruzione identitaria attraverso la sperimentazione di diverse rappresentazioni di sé, oggi sempre più consegnate alla mediazione di internet. Postare selfie di prova in rete prepara all’incontro reale con i coetanei. Lo sguardo di ritorno del gruppo dei pari, misurato con like e followers, affina le proprie competenze nella cura del sé corporeo. La funzione di rispecchiamento, che passa attraverso la rete, contribuisce alla costruzione dell’immagine di sé all’interno del più generale processo identitario».

COME LI VEDIAMO
COME LI VOGLIAMO?

Come voler bene ai nostri ragazzi perché imparino a volersi bene? La domanda ci riguarda direttamente. Come ci poniamo nei confronti dei ragazzi che la comunità cristiana ci affida? Siamo in grado di far sentire loro che, proprio così come sono, sono amati da Dio?
Timidi o estroversi, esuberanti o introspettivi, ciascuno, nella sua particolarità ha l’esigenza di sentirsi riconosciuto nei suoi bisogni profondi, soprattutto quando questi sono nascosti da un’apparente superficialità o addirittura da un’ostentata indisponenza. Françoise Dolto, nota psicoanalista francese, paragonava l’adolescente a un gambero che si nasconde sotto il suo guscio, preoccupato di essere visto e giudicato.
L’adolescente non ci chiede di essere d’accordo con lui sui contenuti, ma ha bisogno di sperimentare la nostra vicinanza emotiva, il nostro sforzo sincero di sintonizzarci con i suoi stati d’animo, il rispetto per ciò che sente e crede. Su questa base, le differenze di opinione, il confronto delle idee e anche il necessario richiamo alle regole acquistano forza e significato. Enrico Galiano, docente e scrittore, esprime così il diritto dell’adolescente a realizzarsi come persona unica: «No, ragazzi, le più grandi ingiustizie sono quelle spirituali. Là fuori è pieno di gente che sembra vostra amica e che, in realtà, vuole rubarvi tutto quanto avete di più prezioso lì, dentro di voi. Quelli che vogliono farvi diventare tutti uguali, per esempio, tutti degli automi, tutti senza uno straccio di personalità. Ma anche quelli che, più nel piccolo, non vi vogliono per quello che siete e, piano piano, vi dicono che così siete sbagliati e che se volete che vi amino, be’, dovete cambiare. Si presentano come amici, o come innamorati a volte, ma sono tutto l’opposto. Quelli sono i peggiori di tutti! Perché una goccia alla volta vi porteranno via quanto avete di più prezioso, cioè la vostra anima!» (Pesce rosso, Garzanti 2018, Ebook, p. 13).


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