Giovanni XXIII è stato un papa molto amato. La sua figura parla anche a noi oggi di umiltà, obbedienza, disponibilità, coraggio, pazienza e carità. Il suo esempio ci invita a compiere sempre e totalmente la volontà di Dio e in lui troviamo un compagno nel nostro cammino, che ci incoraggia e ci conforta. A partire dalle parole stesse di Angelo Giuseppe Roncalli, il «Papa buono», il libro è una guida sicura che ci aiuta a camminare insieme.
Stai per entrare in un meraviglioso santuario: il santuario dell’anima di Giovanni XXIII!
Monsignor Luis Marín de San Martín (osa) ti accompagna in questo viaggio lasciando parlare direttamente papa Giovanni XXIII: il Papa che ancora è da tutti ricordato come «il Papa buono».
Ecco come ricorda la sua famiglia:
«In casa Roncalli, la più numerosa del paese, erano trenta le bocche da saziare, tre volte al giorno. Ma a tutto provvedeva il buon Dio: provvedevano i campi ben lavorati a cereali ed a vigna; provvedevano gli animali nella stalla, col latte e con i suoi prodotti; provvedeva il timor di Dio che manteneva l’ordine, la serenità di una vita collettiva, impegnata al buon lavoro, al ben operare, con mutuo e vicendevole rispetto, e con non mai turbata
pace domestica e cristiana. Alla sera, e tutte le sere, era lui, il vecchio zio Zaverio, il capo di casa, che intonava il Rosario, e tutti rispondevano, formando tutta una musica, il cui ricordo a tanta distanza di anni, ancora intenerisce» (Appunti per una biografia).
E dopo tanti anni, ricevendo i pellegrini di Venezia e di Bergamo, apre il cuore a un’onda di ricordi e si esprime così:
«Bambino di sette anni, mio padre, in occasione della seconda festa federale dell’Azione Cattolica Bergamasca (il 6 agosto 1889) mi condusse a piedi a Ponte San Pietro, a sei chilometri da Sotto il Monte. Arrivammo quando si snodava l’imponente processione: vescovo, clero, associazioni e popolo, bande musicali e vessilli. A motivo della gran folla, che faceva siepe, non vedevo nulla e lo dissi a mio padre. Allora egli mi prese a cavalcioni sulle sue spalle e così potei vedere coi miei occhi cosa significasse essere cattolico bergamasco. Ricordo quel gesto paterno e penso a quel tragitto di allora e al nuovo tragitto odierno [in sedia gestatoria], che ho conchiuso non più sollevato sulle spalle del padre, ma su quelle dei figli, sorretto dai cuori di tanti fedeli. Di mezzo ci stanno settant’anni di servizio di Dio e del prossimo, anni di studio e di preghiera, di attività continuata e serena, di vita da galantuomo… Traete voi con me la conclusione: bisogna lasciarsi portare dal Padre e portare il Padre
ai fratelli» (Incontro con i pellegrini di Venezia e Bergamo, 4 novembre 1958).
Impressiona l’umiltà che trasuda da tutte le pagine degli scritti autobiografici di Giovanni XXIII. Durante gli esercizi
spirituali dei giorni 10-20 dicembre 1902 scrive così:
«Io non sono per nulla affatto quello che mi credo e quale il mio amor proprio vuole che io sia ritenuto. Mio padre è un contadino che attende tutto il giorno a vangare, a zappare, ecc.; ed io non ho nulla di più di mio padre, ma molto di meno, perché mio padre almeno è semplice e buono, mentre io di mio non ho che della cattiveria».
E l’umiltà del cuore di Giovanni XXIII sboccia in obbedienza e pace del cuore. Quando ricevette la nomina prestigiosa alla Nunziatura di Parigi ecco cosa provò:
«Resto sorpreso e sbigottito. Mi reco in cappella per chiedere alla mia anima innanzi a Gesù se debbo sottrarmi al peso ed alla croce od accettarla come tale e niente altro. Resto impensierito, ma nella calma decido di accettare col non recuso laborem. E passo così la notte fra san Nicola e sant’Ambrogio, uno e l’altro chiamati prodigiosamente all’episcopato, che li fece grandi e santi santificatori. Passai la notte quasi tutta bianca. Al mattino ero stanco, ma con lo spirito in pace. Un’altra volta arrivato ad una svolta importante della mia povera vita trovo l’oboedientia et pax a farmi da segnale» (Agenda, 6-7 dicembre 1944).
Lasciando la Bulgaria, saluta i bulgari citando una delicata tradizione irlandese. Quelle parole colpirono la comunità
bulgara. Ecco cosa uscì dal cuore del rappresentante pontificio in partenza.
«Una tradizione, anche oggi rispettata fra i buoni cattolici d’Irlanda, dispone che la vigilia di Natale ogni casa abbia una finestra con una lampada accesa oltre i vetri, per indicare a Giuseppe ed a Maria, che passassero di là nella notte santa, in cerca di un rifugio, che là dentro c’è una famiglia che li attende intorno alla fiamma del focolare, intorno alla mensa bandita di ogni ben di Dio. Miei cari fratelli, chi sa le vie dell’avvenire? In qualunque luogo del mondo mi accada di vivere, se alcuno di Bulgaria avrà a passare presso casa mia, durante la notte, fra le difficoltà della vita troverà sempre la lampada accesa. Batta, batta, non gli sarà chiesto se è cattolico o ortodosso: fratello di Bulgaria, basta, entri, due braccia fraterne, un cuore caldo di amico lo accoglieranno a festa. Poiché questa è la carità del Signore le cui effusioni resero gioconda la mia vita di dieci anni in Bulgaria, questo è il fiore più bello e gentile della pace di Gesù: pax hominibus bonae voluntatis» (Omelia del Natale, Sofia, 25 dicembre 1934).
E, infine, quando arrivò la nomina a cardinale, egli scrive al nipote Battista Roncalli e legge l’evento con gli occhiali
dell’umiltà e riesce a restare sereno. Ecco i suoi sentimenti:
«Dove siamo? Che cosa sarebbe valsa l’educazione ascetica ricevuta dai primi anni sulla nostra indifferenza circa res creatas omnes, se proprio ora che invecchio cominciassi a far pazzie? Prega il Signore perché mi dia la grazia di emulare non i cardinali birboni o mondani dall’antica storia, ma i cardinali umili e santi che hanno veramente onorato la Chiesa» (Lettera al nipote Battista Roncalli, Parigi 4 dicembre 1952).
Caro lettore e cara lettrice, continua a leggere e alla fine sul tuo volto apparirà un bel sorriso; è il contagio di un’anima sempre ottimista e sempre serena: Giovanni XXIII!
E grazie al carissimo vescovo monsignor Luis Marín de San Martín, che ha avuto la geniale idea di lasciar parlare
Giovanni XXIII, affinché sia lui a raccontarci la sua vita.
Angelo Comastri, Prefazione, in Vi parlo al cuore, Paoline, Milano 2024, pp. 15-19