Diventare papà è uno sconvolgimento. Uno scombussolamento. Un capovolgimento. Un sacco di cose che finiscono in “mento”. All’improvviso tutto cambia. Nella credenza le scatole di latte in polvere rimpiazzano le lattine di birra, fare una serata cinema richiede un’organizzazione degna di una missione nello spazio e ogni notte ti sorprendi che esista l’espressione “dormire come un bambino”.
È bello, è intenso, è difficile.
Io e Yannick abbiamo voluto illustrare (in disegni e in parole) questo momento così ricco di scoperte e di avventure con 100 definizioni.
100 definizioni per i primi 100 giorni della tua vita da papà.
100 definizioni per decifrare il nuovo mondo che ti circonda.
100 definizioni per ridere, per piangere… e anche per imparare qualcosa, se ti andrà.
Perché alla fine, anche se ogni nascita è unica, spesso siamo tutti sulla stessa barca. Quella dei pannolini da cambiare nel bel mezzo della notte, delle lacrime durante il contatto pelle a pelle, delle lavatrici da fare, e tanto altro. La barca della paternità… e anche della genitorialità, perché in realtà questo libro è rivolto tanto ai papà (quasi) quanto alle mamme.
Abbiamo pensato a un formato che si adeguasse al tuo nuovo stile di vita. Una pagina = una parola (a volte due o anche tre, ma non stiamo a cercare il pelo nell’uovo). Una sorta di snack letterario da sgranocchiare durante la giornata, tra due biberon o due pappe, per cambiarti le idee. Oppure da divorare tutto in una volta mentre sei in bagno, l’ultimo rifugio del giovane genitore in cerca di tranquillità.
Speriamo che ti piaccia; noi ci abbiamo messo tutto il nostro cuore!
Buona lettura,
Alexandre Marcel & Yannick Vicente
Come redazione di paoline.it, ci siamo divertiti a far leggere il libro ad alcuni nostri autori, padri e madri, e abbiamo chiesto loro di scegliere una parola tra le 100 e di commentarla brevemente...
GUARDA il video di:
Sergio Di Benedetto
Valentina Rotondi
Johnny Dotti
Laura Cappellazzo
Gigi De Palo e Anna Chiara Gambini
Per amore ti alzi tre volte ogni notte mentre prima dormivi anche dodici ore di fila.
Per amore rinunci a una serata calcetto e pizza con gli amici perché preferisci fare il bagnetto al tuo bambino – con il quale discuterai di tattiche e formazioni.
Per amore rispondi al telefono durante la riunione con il comitato esecutivo. È l’asilo nido: il bambino ha 40 di febbre. «Scusate, devo andare!»
Per amore ti fai fare la pipì addosso senza battere ciglio. Anzi, ti viene da ridere.
Per amore sei in grado di camminare venti chilometri sotto la pioggia in cerca di una confezione di latte in polvere.
Per amore sacrifichi le dita quando al bambino stanno spuntando i denti. #dentinidisqualo.
Per amore puoi ripetere cento volte la stessa smorfia, solo per sentire la sua risata.
«L’amore di un padre è più alto di una montagna», dice un proverbio giapponese. Lo puoi confermare. Soprattutto quando questa montagna bisogna scalarla con il tuo primogenito in spalla, il più piccolo nel marsupio, il passeggino in una mano e la borsa-fasciatoio nell’altra.
Tendenza (molto in voga) a mettere i padri su un piedistallo.
Ho imparato questo termine di recente. Per farla breve, i padri sono così distaccati dal mondo della prima infanzia (nel Medioevo, per esempio, nelle famiglie nobili si aspettava che il bambino avesse sette anni prima di presentarlo al padre, perché bisognava che raggiungesse “l’età della ragione”), che la minima manifestazione di coinvolgimento è vista come un qualcosa degno di nota, per cui bisogna congratularsi.
Al contrario, le madri sono aspramente giudicate se le loro azioni o i loro pensieri non sono all’altezza della funzione a loro storicamente assegnata dal patriarcato – e questo si chiama mom-shaming.
Per esempio:
«È tuo marito che si è alzato la notte scorsa? È bravissimo, vero?»
«Ma come, non si è alzata quando il bimbo piangeva? Che razza di madre…»
Non faremo mai i complimenti a una madre che si alza la notte per nutrire il suo bambino, perché ci aspettiamo che “naturalmente” lo faccia. Anzi, la incolperemo se non lo fa. Il padre, invece, sarà visto come un eroe se le sue occhiaie rivelano una notte difficile. Con sensibilità ed empatia si dirà: «Poverino, ha bisogno di riposare!».
Questo non significa che non puoi sentirti orgoglioso.
Orgoglioso di aver fatto addormentare il bambino che strillava come un pazzo, orgoglioso di uscire dal lavoro tutti i giorni alle 17.30 per andarlo a prendere all’asilo, orgoglioso di saper cambiare un pannolino più rapidamente
della tua stessa ombra.
Essere genitori è una missione difficile, piena di piccole vittorie che dobbiamo saper apprezzare. Tuttavia, è altrettanto importante prestare attenzione a questi doppi standard.
NO, non stai facendo grandi gesta.
Fai la tua parte, semplice.
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