Con Tommaso nel dubbio, con lui nella fede

II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia - Anno B - 2021

Saper vedere e toccare i segni del Risorto nel qui e adesso.

La domenica dopo Pasqua - chiamata "seconda" perché la prima è la Pasqua – che per la liturgia chiude il giorno della Risurrezione di Gesù, è carica di significati e di stimoli alla riflessione e alla preghiera.

Il Battesimo dentro la vita

Fino a non molti anni fa era chiamata la domenica "in albis depositis", perché in questo giorno i battezzati deponevano le tuniche bianche indossate per il Battesimo durante la Veglia Pasquale. Il gesto era molto importante: significava che il Battesimo ricevuto usciva dal rito, dai canti, dagli incensi, dalle arcate della basilica per entrare nella vita di ogni giorno. Pensiamo cosa accadrebbe se per tutti i battezzati, a cominciare da noi, ci fosse questo passaggio deciso dal registro parrocchiale alla vita di ogni giorno.

La misericordia che salva

Con Giovanni Paolo II, questa domenica è diventata la domenica della Divina Misericordia, perché il santo Papa, stimolato dalla mistica santa Faustina Kowalska, ha chiesto di chiamarla così, perché la parola di Dio che in essa viene proclamata mette in evidenza l'infinita misericordia di Gesù. Egli, infatti, ritorna a mostrarsi ai suoi apostoli, sempre radunati a "porte chiuse" per paura dei Giudei, per convincere anche Tommaso, che la volta precedente mancava, di essere veramente risorto. Ne avrebbe avuti di motivi per rimproverarli, mettendoli di fronte alla loro scandalosa debolezza: appena le cose si erano messe male uno di loro lo aveva tradito; gli altri, nonostante le promesse, erano scappati; Pietro l'aveva rinnegato; soltanto Giovanni aveva avuto il coraggio di accompagnarlo fino alla croce... Eppure Gesù non li rimprovera, non rinfaccia loro la vigliaccheria, li perdona, senza dire che li perdona, per non creare sensi di colpa. Non basta! Mette nelle loro mani la missione ricevuta dal Padre: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Qui c'è qualcosa di più grande del perdono. Questa è misericordia. Essa infatti non esige che vengano riconosciute le colpe e chieste le scuse; non viene concessa secondo i meriti o la gravità delle colpe: è la stessa per Pietro che lo ha rinnegato e per Giovanni che lo ha accompagnato. Questa è la misericordia di Dio per noi: la nostra consolazione, la nostra speranza.

Tommaso nostro fratello

Tutte le riflessioni e i sentimenti di questa domenica trovano, però, da sempre, il loro punto di incontro nell'apostolo Tommaso, quello che: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Questo perché l'identificazione con l'apostolo ci viene quasi in automatico, dal momento che le sue difficoltà a credere nella risurrezione di Gesù sono le nostre. Noi, infatti, crediamo nella risurrezione di Gesù. Ci sta bene e la proclamiamo, perché c'è scritta nei Vangeli e nel Credo. Ma farla scendere nella vita adesso e qui, come luce, criterio e sostegno delle nostre scelte è tutt'altra cosa.

All'apostolo Tommaso che dal «Se non vedo...» è passato al «Mio Signore e mio Dio!», Gesù dice: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Noi dovremmo essere i destinatari di questa beatitudine, ma per considerarci davvero così dobbiamo essere capaci di professare non con la formula ma con la vita il nostro: «Mio Signore e mio Dio!».

A Tommaso Gesù ha fatto vedere i segni dei chiodi e ha fatto toccare il suo fianco. A noi chiede di saper vedere i segni della sua risurrezione in tutti i gesti che anticipano quaggiù e adesso una vita da "un cuore solo e un'anima sola", come sarà quando vivremo per sempre con lui. Come Tommaso nel dubbio, come lui nella fede. Questa è la nostra richiesta alla misericordia divina.


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