Le ricchezze insidiose.
Il racconto evangelico di questa domenica è avvincente. Gesù sta andando per strada e un tale (un giovane secondo l’evangelista Matteo: 19,20) gli corre incontro, non per chiedergli una guarigione, ma che cosa deve fare per ereditare la vita eterna, dal momento che per quella terrena ha sistemato tutto con l’osservanza scrupolosa, fin dalla giovinezza, dei comandamenti. Il suo desiderio era sincero, non mentiva, non era ostentazione o millanteria, perché Gesù che conosce i pensieri (Cfr. Lc 6, 8 – Mt 9,4) fissa lo sguardo su di lui e lo ama.
Se il racconto fosse finito qui, magari con i complimenti di Gesù al giovane, sarebbe stata una bella storia a lieto fine. Ma non è così. L’amore di Gesù per lui diventa una richiesta da far rimanere tramortiti: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Niente lieto fine. Il tale, arrivato di corsa, pieno di entusiasmo se ne va via «triste e scuro in volto», rassegnato ad accontentarsi dei suoi “molti beni” senza cercare più la vita eterna.
“Ma cosa pretendeva Gesù con quella richiesta a bruciapelo? Poteva invitarlo, spiegargli quel «vendi quello che hai e dallo ai poveri», chiedergli di riflettere e poi decidere. Invece no: va’, vendi, seguimi”.
I discepoli che hanno assistito alla scena sono “sconcertati”, muti e meravigliati. Gesù svela loro il motivo del rifiuto del giovane: la ricchezza - «i molti beni» – è un ostacolo a entrare nel regno di Dio; lo fa con un esempio paradossale ed efficacissimo: il cammello che non può passare per la cruna dell’ago… sembra di vederla la nave del deserto fare di tutto per riuscirci. Gli apostoli rispondono come avremmo risposto e - rispondiamo - noi: «E chi può essere salvato?». Gesù, “guardandoli in faccia”, dà una risposta che non spiega, ma invita a fidarsi di Dio: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro, come sempre, ha qualcosa da chiarire: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito» - l’evangelista Matteo (19,27) completa la domanda - «che cosa dunque ne avremo?». La risposta di Gesù all’apostolo aiuta a capire qual è la ricchezza che impedisce di entrare nel regno di Dio. Gli apostoli non avevano i “molti beni” del giovane ricco, perciò per seguirlo non avevano lasciato la ricchezza materiale, ma molto di più: la famiglia, il lavoro, i loro progetti, e chissà quante altre “ricchezze”. Ed ecco che il racconto del giovane ricco, che sembrava interessasse i plurimiliardari dei quali i giornali pubblicano periodicamente la classifica aggiornata, e tutti gli altri ancora fermi ai milioni, diventa il messaggio per noi che abbiamo rispettato i comandamenti fin dall’infanzia se abbiamo il cuore occupato da tante ricchezze più insidiose dei soldi: rancori, invidie, gelosie, avarizie… che ci impediscono di rispondere con coraggio al “vieni e seguimi” di Gesù, e con il rischio del “volto scuro e rattristato”.
“Va’, vendi, seguimi” dice Gesù. Anche senza la generosità e la determinazione richieste, noi proviamo a seguirlo, ma «che cosa ne avremo?». Chissà quante volte ci poniamo questa domanda quando sembra che il Signore non dia seguito alla sua affermazione: «non c’è nessuno che abbia lasciato… per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto… e la vita eterna nel tempo che verrà». Sì, sappiamo che la preghiera non è una riposta immediata come la ricevuta della moneta gettata nel parchimetro, ma il dubbio rimane. Ci può aiutare a superarlo Gesù. Nel brano parallelo di Luca (11,13), afferma: «Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!». Quello che la preghiera garantisce è lo Spirito Santo che ci aiuta a capire come nessuna preghiera vada perduta, anche se a noi sembra inascoltata, o diversa da quella che ci aspettavamo.