L’istinto a primeggiare è la fonte di «cattive azioni».
Sempre il Vangelo ci provoca, ci prende in contropiede, mette in crisi le nostre convinzioni, le nostre scelte, i nostri comportamenti. Qualche volta però il contrasto con le nostre idee è talmente forte che viene voglia di far finta di non aver sentito, o di aver capito male. È ciò che accade agli Apostoli. Sentendo Gesù annunciare: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà», non capiscono il senso, ma non chiedono spiegazioni come in altre occasioni, sperando che non sia ciò che hanno intuito, perché finire così l’avventura significherebbe tutti i loro progetti andati in fumo. E si mettono a discutere su come sarebbero state distribuite le poltrone nel regno che sarebbe arrivato.
Non hanno chiesto spiegazioni ma, una volta in casa, le chiede a loro Gesù: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?» Silenzio! Allora li chiama e dice loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». Avranno capito adesso le sue parole così chiare? No. E Gesù che conosce i loro pensieri, crea una scena con lo stile dei profeti: «preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me”». Avranno capito adesso? Ancora no. Pochi giorni dopo questa lezione, due di loro, Giacomo e Giovanni, furbescamente, con la complicità della madre, tentano di assicurarsi i due posti più importanti, suscitando l’indignazione degli altri, non perché i due avevano compiuto un’azione sbagliata, ma perché erano stati scavalcati (Mt 20,21-22; 24). Per farli capire - e per farci capire - sarà necessaria un’altra scena, imprevedibile e scioccante: la lavanda dei loro piedi, con la perentoria dichiarazione a Pietro che rifiutava il suo gesto: «Se non ti laverò, non avrai parte con me» (Gv 13,8).
Perché Gesù ha ritenuto l’adesione al suo messaggio tanto importante da essere determinante per «avere parte» con lui, sapendo che per noi sarebbe stato difficile da accettare e da vivere, come lo fu per gli apostoli, come lo è stato per la prima comunità cristiana (1 Cor 10-12), come lo è stato per la Chiesa e dentro la Chiesa in tutta la sua millenaria storia? La risposta è nel giardino dell’Eden dove Adamo ed Eva tentarono di essere i primi nei confronti di Dio, rompendo il rapporto tra i fratelli con le conseguenze devastanti e tragiche che l’Apostolo Giacomo riassume in maniera efficace così: «dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni». Le cattive azioni sono quelle che portano sofferenza, ingiustizia, violenza, guerre… che ben conosciamo perché le abbiamo sempre davanti agli occhi, e pronte ad andare fuori controllo anche dentro di noi.
È per dominare, contrastare, combattere, evitare queste cattive azioni che Gesù ha chiesto e continua a chiedere: «Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi»: lavando i piedi a partire dai più deboli come quel bambino “messo in mezzo” davanti ai nostri occhi, simbolo dei piccoli, dei poveri, dei senza voce, dei senza considerazione… consapevoli che la battaglia è dura.