Il coraggio di riconoscersi profeti

XIV Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

Sapere ascoltare la voce del Signore per farla conoscere.

Tra gli ebrei deportati a Babilonia c’è Ezechiele, un profeta, cioè una persona capace di interpretare la rivelazione divina e di comunicarla agli altri. Egli svolge la sua missione tra ostacoli e contrasti, perché si scontra con i criteri e i progetti umani. Dio gli chiede di non arrendersi: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: «Dice il Signore Dio. Ascoltino o non ascoltino… sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro». Ezechiele, con la parola e con esperienze dolorose, fu fedele alla sua missione, diventando simbolo e annuncio di Gesù, il Profeta, che, come e più degli altri, non sfuggì alle difficoltà di essere riconosciuto voce di Dio, a cominciare dai suoi compaesani, che nella sinagoga di Nazaret ne contestarono la missione: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria?».

Tutti profeti in Gesù

La funzione di Ezechiele e degli altri profeti (Isaia, Geremia, Daniele, Amos…), che hanno accompagnato il cammino del popolo ebreo, è terminata con Gesù? No, con Gesù essa coinvolge tutti coloro che nel Battesimo diventano, in lui, sacerdoti, re e profeti. Purtroppo a questi doni del Battesimo è stato dato per troppo tempo un significato riduttivo: il sacerdozio riservato ai preti; la regalità, cioè il compito dei pastori che guidano il gregge, ai vescovi e alla curia romana; e profeti?
Essi sono stati identificati come indovini che prevedono il futuro, oppure come grandi personaggi (don Primo Mazzolari, don Lorenzo Milani, Giorgio La Pira…) capaci di agitare le acque del conformismo religioso e sociale. Dopo il Concilio si è iniziato a capire che ogni cristiano, di qualsiasi età, sesso e condizione, è un profeta al quale sono state date la missione e la capacità di parlare a nome di Dio, per stimolare a guardare ciò che sta sotto alla realtà così come appare; a essere una ventata che entra dalla finestra spalancata e scombussola tutto; voce fuori dal coro della maggioranza e dei sondaggi. Per questo persona scomoda, malvista, derisa, ostacolata.

La sua forza è nella fede

Tutti i profeti, consapevoli delle difficoltà della missione, hanno cercato di evitarla. Mosè: «Io non sono un buon parlatore» (Es 4,10); Geremia: «Io sono troppo giovane» (Gr 1,6); Amos: «Il Signore Dio ha parlato: chi non profeterà? … Ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro. Il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge e mi disse: Va', profetizza al mio popolo Israele» (Am 3,8; 7, 14-15). La stessa paura e le stesse difficoltà anche per noi, ma l’immersione in Cristo garantisce la possibilità di farcela. Certo, non saremo come Gesù e nemmeno come Ezechiele, ma piccoli profeti, in grado comunque di resistere ai cervelli testardi e ai cuori induriti.

Un popolo profetico

È urgente risvegliare in noi cristiani lo spirito dei profeti. Viviamo in un conformismo spaventoso che fossilizza e mummifica tutto secondo le mode, i sondaggi, gli schieramenti, le appartenenze. C’è bisogno di profeti che nelle famiglie, nei bar, sugli autobus, negli uffici, negli ambulatori, nelle strade… parlino come sanno e possono, a nome del Signore. «Ascoltino o non ascoltino, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro»: Gesù di Nazaret.


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