Il limite è la nostra verità e la nostra saggezza

XIV Domenica Tempo Ordinario - Anno B - 2015

La parola di Dio di questa domenica, dopo averci ricordato con i toni drammatici del profeta Ezechiele, che tutti siamo mandati a essere "profeti", cioè a essere mandati ad annunciare e a testimoniare i suoi progetti di bene ai suoi figli, per nulla entusiasti ad ascoltarli, ci presenta due testimonianze uniche della fatica che questo compito comporta: Gesù e Paolo.

Gesù

Va a Nazaret. Leggendo bene il racconto di Marco, ricordando che egli ha voluto vivere in pienezza la sua esperienza di uomo, non è irriverente pensare che Gesù si aspettasse un'accoglienza diversa dai suoi compaesani. Invece, stupiti del suo insegnamento, non ne gioiscono e non se ne complimentano con lui, ma ne sono infastiditi, come se la sapienza e i gesti straordinari dei quali hanno sentito parlare li offendessero: "Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?". Come dire: "Chi si crede di essere? E' come noi". Gesù ci rimane male e non "può compiere nessun prodigio". Non per ripicca, ovviamente: "E' così? Allora niente prodigi!", ma perché non è un imbonitore che fa miracoli per far credere in lui, ma li fa soltanto a chi crede in lui. Non rinuncia, però, alla sua missione e anche lì trova "pochi malati", disposti a credere e quindi a essere guariti.

Paolo

E' l'evangelizzatore instancabile. E' difficile credere che avrebbe potuto fare di più e meglio. Egli invece avrebbe voluto fare molto di più. Sennonché ha questa "spina nella carne". Non sappiamo in che cosa sia consistita, ma sicuramente ne limitava l'azione, tanto che per "tre volte" – leggi: continuamente – ha pregato il Signore di esserne liberato. Niente! "Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza". Sebbene a fatica – altrimenti non avrebbe insistito con il Signore – Paolo accetta quel limite, e ne fa un elemento di crescita nella fede: "affinché io non monti in superbia", e "mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte".

Noi

Per noi, piccoli come siamo, il limite è il compagno di viaggio che ci accompagna continuamente con gli insuccessi, con i sogni infranti, con i traguardi non pervenuti. Come dobbiamo reagire? La psicologia ha scoperto che non arrendersi agli insuccessi e risalire da essi è uno dei più importanti indicatori di maturità. Paolo, molto prima della psicologia, l'aveva imparato da Gesù: "Affinché io non monti in superbia". Il limite è il richiamo a "non montare in superbia", cioè a conoscere e accettare ciò che siamo, senza costruirci una falsa immagine di noi stessi.
Per non rifiutare l'impegno a essere profeti e testimoni del bene è necessario accettare il limite, altrimenti svicoliamo, perché: tanto non ci riusciamo, perché: non ci prendono sul serio, perché: non abbiamo tutte le qualità necessarie...

Gesù non ha smesso di compiere al sua missione per la mancanza di fede dei compaesani; non ha smesso di chiamare a sé perché il giovane ricco gli ha risposto picche; non ha sciolto i Dodici perché Giuda aveva tradito; non ha evitato la croce perché i suoi se l'erano data a gambe; non ha rinunciato a salire al cielo, perché gli chiedevano se quello era il tempo nel quale avrebbe ricostituito il regno per Israele.

Paolo non ha smesso di evangelizzare per la "spina nella carne", perché i farisei gli creavano ostacoli d'ogni tipo; perché amici come Dema l'avevano abbandonato, perché Alessandro il fabbro gli ha procurato molti danni, perché nella sua prima difesa davanti al tribunale di Roma tutti lo hanno abbandonato (2 Tm 4, 9-16) .

Nei momenti del limite, Gesù aveva una sicurezza: "Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo" (Gv 8,29), e Paolo: "Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza" (2 Tm 4, 17). Noi, se nonostante il nostro limite, non rinunciamo a essere profeti e testimoni dei progetti di bene di Dio, sappiamo che il Padre non ci lascia soli, e che il Signore Gesù ci dà forza.


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