Il pane che viene dal cielo

XVIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

Senza la Messa la fede soffre la fame.

In questa domenica e in tutte quelle di agosto ascolteremo sempre, dal Vangelo di Giovanni, brani del lungo incontro che Gesù intrattiene con la folla dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, nell’intento di elevare il loro interesse dal pane del forno al pane che viene da cielo (Gv 6, 24-69). L’evangelista Giovanni ha uno stile molto particolare: prende un argomento, lo lascia, lo riprende per riproporlo in maniera più completa e approfondita. Questo non facilità la comprensione, soprattutto quando lo si ascolta a piccoli pezzi settimanali nella celebrazione eucaristica. Perciò, invece di addentrarci a commentarlo, lo accoglieremo come stimolo per un confronto della nostra fede nelle parole di Gesù: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!»; e con la loro attualizzazione nel sacramento dell’Eucaristia, nella Messa.

Vale la Messa in TV?

La Messa non è una devozione, una preghiera, un incontro tra amici, ma il memoriale (forse “evento” è la parola italiana che si avvicina di più come significato) durante il quale si realizza la promessa di Gesù: «Io sono il pane disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Per noi cristiani è così da sempre, da subito dopo la risurrezione di Gesù: «Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?» (1 Cor 10,16), e lungo il corso dei secoli: «Non prendiamo questi cibi come se fossero un pane comune o una bevanda ordinaria, ma come Cristo, nostro salvatore, si è fatto carne e sangue per la nostra salvezza… Gli apostoli, nei Vangeli ci raccontano che così è stato ordinato loro quando Gesù, prendendo il pane e rendendo grazie, ha detto: “Fate questo in memoria di me. Questo è il mio corpo”. Poi, prendendo allo stesso modo tra le mani il calice, ha reso grazie e ha detto: “Questo è il mio sangue”, dandolo solo a loro» (Giustino martire, secondo secolo d.C.).
Dovrebbero bastare questi veloci cenni per rispondere alla domanda, particolarmente assillante dopo il Covid: “La Messa in televisione vale?”. Vale come vedere un pranzo in TV. Naturalmente in caso di malattia, di vecchiaia, di mancanza di una chiesa raggiungibile, vederla in TV è un aiuto spirituale come il Rosario, la Via Crucis, la Coroncina alla Divina Misericordia.

Bisogna andare a Messa?

«Fate questo in memoria di me», ha detto Gesù e i cristiani hanno subito cercato di obbedirgli, celebrando la sua cena di domenica, il giorno della risurrezione. Ma essendo la sua richiesta, come tutte le altre consegne, per niente facile, soprattutto in certi ambienti e in certi momenti, la Chiesa per incoraggiarne la pratica ha istituito come rinforzo il precetto festivo: l’obbligo morale di partecipare alla messa nelle domeniche e nelle feste comandate. Per secoli questo strumento è servito, ma oggi è in fortissima crisi, sia perché nella attuale società tutto ciò che viene obbligato diventa un invito a fare il contrario; sia perché per tanti è oggettivamente impossibile eseguirlo: baristi, ristoratori, medici e infermieri, forze dell’ordine, turnisti… A tutte queste difficoltà il Covid ha aggiunto una spallata devastante. Nell’attesa che la Chiesa aggiorni il precetto festivo alla vita di oggi (recuperare la Messa nel giorno di riposo settimanale?) rimane la convinzione che non si può vivere senza il pane vivo disceso dal cielo. Gesù è stato chiaro: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda».

Pochi o tanti

Che ci sia una forte diminuzione di presenze alla Messa domenicale è visibile a tutti, dovunque e in tutte le età. Sono inutili, però, le lamentale e il rimpianto dei tempi passati; così come i tentativi di riportare in chiesa la gente con celebrazioni “creative”, sorprendenti, geniali, con balletti e battimani. Sono espedienti che durano il tempo della curiosità. Gesù alla folla non fece sconti, anzi, alzò talmente l’asticella delle difficoltà da rimanere solo con i dodici, e non per lusingarli, ma per sfidarli: «Volete andarvene anche voi?».


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