Il respiro del bene e il frastuono del male

XXIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

Non lasciarsi spaventare dal male ma combatterlo con il bene.

La parola di Dio di questa domenica si apre con un messaggio di incoraggiamento e di speranza agli «smarriti di cuore». Chi sono? È difficile rispondere perché sia il sostantivo (cuore) che l’aggettivo (smarriti) rimandano a situazioni simboliche amplissime e difficili da classificare: coloro che non riescono a dare un senso a quello che vivono? I delusi e gli scontenti per non avere raggiunto ciò in cui avevano sperato? Quelli che credevano di avere raggiuto la vetta e invece si sono ritrovati scivolati in fondo alla salita? Quelli che pensavano che la società sarebbe arrivata a escludere le guerre, il terrorismo, la violenza? Quelli che si erano illusi che la famiglia, libera da antichi vincoli e tabù, sarebbe diventata un’oasi di pace? Quelli che...

Fermiamo la lista e facciamola breve: gli smarriti di cuore siamo tutti noi. Perché? Prima di qualsiasi altro motivo c’è una verità: siamo creature, e in quanto tali ci manca sempre qualcosa che vorremmo avere in pienezza (a cominciare da una vita che non finisse), e abbiamo in abbondanza ciò che non vorremmo avere (a cominciare dalla provvisorietà e dai limiti). Questa verità un po’ ci spiazza, addolora e confonde sempre, ma in certi momenti lo “smarrimento” diventa angosciante. Succede quando interrogativi, dubbi, eventi impensati si presentano in tanti e contemporaneamente. È ciò che si verifica in questo periodo in cui sembra che il bene abbia lasciato pericolosamente campo libero al male. Vedi le guerre accanite e distruttive, neppure immaginate finché non sono cominciate - tra Russia e Ucraina, Israele e Hamas… - che hanno riportato indietro indietro l’orologio della storia; vedi, con maggiore angoscia e tristezza, quello che succede sul pianerottolo di casa nostra, ovvero l’irrompere di una violenza inimmaginabile nei rapporti familiari.

La bussola della Parola

A questa nostra situazione, come a quella del tempo del profeta Isaia e a quelle che puntualmente si sono ripetute lungo i secoli - e che purtroppo si ripeteranno - la parola di Dio risponde con parole cariche di speranza: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio… Egli viene a salvarvi»; e tutto ciò che limita e toglie il bene si trasformerà in benedizione: «Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto».

Ma quando e dove succede così, se la cronaca va in senso contrario? Eppure il profeta non si correggeva allora e non tornava indietro, ma insisteva proprio come fa con noi: «Il Signore rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati, libera i prigionieri, ridona la vista ai ciechi, protegge i forestieri»… se collaboriamo con lui. Per uscire dalla folla degli «smarriti di cuore» non basta sperare, auspicare, desiderare e nemmeno pregare. Occorre collaborare con il bene comunque si presenti e dovunque se ne avverta il bisogno.

Per suscitare e rafforzare questa risposta allo smarrimento di cuore la liturgia propone la guarigione del sordomuto, che viene spontaneo assumere a simbolo della nostra società che ascolta soltanto il fragore del male, ma non il respiro del bene; che parla con il cellulare all’orecchio e con le faccine di WhatsApp senza guardarsi negli occhi e sentirsi respirare. Scrive l’evangelista: «Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano». Non è un particolare narrativo, ma un messaggio: c’erano persone che si sono fatte carico della situazione del poveretto. Non lo hanno fotografato, non si sono fatti un selfie, non hanno detto: “Poverettto!”, ma l’hanno portato da Gesù chiedendogli di guarirlo, ciò che il muto non sarebbe stato capace di chiedere.

La bussola della testimonianza

Per vincere il nostro “smarrimento” dobbiamo dare la parola ai muti, l’udito ai sordi, la vista ai ciechi, la protezione agli stranieri.... “Ma come è possibile? Mica siamo Gesù!”. Sì, non possiamo fare i miracoli di Gesù, ma ne possiamo compiere tanti alla nostra portata, anche nei luoghi e nei modi più impensati.
In questi giorni sono in corso a Parigi le Paralimpiadi. Quelle atlete e quegli atleti, giovani o meno, sono la “prova provata” di quali grandi miracoli siamo in grado di compiere.


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