Le “pratiche” per ottenerla e le strade per arrivarci.
La parola di Dio proclamata nelle domeniche di Quaresima è scelta in modo che le tre letture e il salmo propongano e rafforzino lo stesso messaggio, non tanto con parole e ragionamenti, ma con personaggi e racconti, come il dialogo di Dio con Abramo, e la trasfigurazione di Gesù di questa domenica.
Il patriarca nel suo lungo pellegrinare in cerca della terra promessa per la quale aveva lasciato la sua, e in attesa dell’erede che Dio gli aveva assicurato, di notte, nella sua tenda, sta chiedendosi quando e come queste promesse si sarebbero realizzate. È un po’ sconfortato e anche un po’ deluso. Ed ecco che Dio gli appare in visione, lo conduce fuori dalla tenda e gli dice: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle»; e soggiunge: «Tale sarà la tua discendenza». Abramo gli credette. Non era facile. Infatti Dio gli rinnova la promessa con un misterioso rituale di alleanza: «Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate». Non confermata però, come sempre, da prove, ma affidata alla fede.
Siamo anche noi nella situazione di Abramo. A noi il Signore non promette una terra grande dall’Egitto all’Eufrate, e una discendenza più numerosa delle stelle del cielo, ma – parole di San Paolo -: «la cittadinanza nei cieli». Senza prove! Affidata soltanto alla fede.
A cosa serve la Quaresima? A rafforzare e approfondire la convinzione che «la nostra cittadinanza è nei cieli», e per verificare se stiamo facendo “le pratiche” necessarie per ottenerla e percorrendo le strade giuste per arrivarci.
Altrettanto stimolante è la vicenda dei tre apostoli: Pietro, Giovanni e Giacomo, i più renitenti e recalcitranti al messaggio di Gesù. I figli di Zebedeo brigavano per assicurarsi i primi posti nel regno, mentre Gesù invitava a mettersi negli ultimi posti, e Pietro consigliava a Gesù di evitare le sofferenze alla nostra maniera: non andando a Gerusalemme.
Gesù «li condusse sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante», offrendo così a loro, con Mosè ed Elìa che l’avevano conquistata, un lampo della cittadinanza nei cieli. Una visione della “gloria” futura talmente splendente che Pietro avrebbe voluto goderne per sempre: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Invece per conquistarla è necessario seguire la voce uscita dalla nube: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
A cosa serve la Quaresima? A accogliere con maggiore convinzione e impegno questo invito.
Stiamo camminando verso la cittadinanza dei cieli, oppure ci siamo fermati o addirittura abbiamo preso la direzione sbagliata? Per una verifica sincera e coraggiosa, San Paolo invita a controllare se abbiamo «elevato a Dio il nostro ventre» (cioè se abbiamo ceduto o stiamo cedendo alle tentazioni del solo pane, del monte alto, del pinnacolo del empio), oppure se, come Abramo, camminiamo verso la terra promessa, e come gli apostoli seguiamo Gesù a Gerusalemme.
Ma dov’è questa «cittadinanza nei cieli»? È «il regno di Dio è in mezzo a noi!» (Cfr. Lc 17,21). Perciò la «cittadinanza nei cieli» non è dopo, nell’aldilà, ma già adesso. Le pratiche giuste per ottenerla non sono bollini e punteggi, ma vivere in modo tale che tutta la vita sia spazi di cielo: cioè di gratuità, di giustizia, di pace, di bellezza, di verità…, e che i nostri pensieri e le nostre azioni convergano in questa direzione.
Spazi di cielo… Cosa fare per non confinare tutto nel regno delle parole? La Chiesa, ripercorrendo la vicenda di Gesù, propone ogni anno la Quaresima come tempo favorevole per rafforzare l’impegno a seguirlo nel suo cammino verso la Pasqua di morte e risurrezione. I segni e i gesti concreti più efficaci per sé, ognuno li sa e ognuno li decide. Senza segni concreti rimangono soltanto le parole.