La croce è per volare

XXIV Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

Quando rinunciare significa acquistare.

Nel Vangelo, soprattutto nei racconti che vengono proclamati nelle celebrazioni domenicali, capita spesso che Pietro si prenda tutta la scena. Nel brano di oggi, per esempio, come si fa a non lasciarsi catturare da questo uomo entusiasta, sincero, generoso che dopo una solenne professione di fede: «Tu sei il Cristo», prova a essere lui il maestro, prendendo Gesù in disparte per rimproveralo, e rimediando una severissima reprimenda: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Papa Francesco in un intervento in Piazza san Pietro dopo la recita dell’Angelus (29 giugno 2023) lo descrive in modo originale e, con una riflessione che sintetizzo liberamente, lo propone come modello di fede per tutti i cristiani: «Pietro è un nome che ha più significati: può voler dire roccia, pietra o semplicemente sasso. In Pietro, troviamo un po’ tutti e tre questi aspetti del suo nome. È una roccia, in molti momenti è forte e saldo, genuino e generoso. È una roccia adatta per offrire appoggio agli altri, è punto di riferimento affidabile per tutta la comunità. Però Pietro è anche pietra e sasso quando emerge la sua piccolezza: all’arresto di Gesù si lascia prendere dalla paura e lo rinnega, poi si pente e piange amaramente, ma non trova il coraggio di stare sotto la croce… In Pietro c’è tutto questo: la forza della roccia, l’affidabilità della pietra e la piccolezza di un semplice sasso. Adesso, guardiamoci dentro e facciamoci qualche domanda a partire dalla roccia, dalla pietra e dal sasso. Siamo roccia? C’è in noi l’ardore, lo zelo, la passione per il Signore e per il Vangelo, o è qualcosa che si sgretola facilmente? Siamo pietre, non d’inciampo ma da costruzione per la Chiesa? Infine, pensando al sasso: siamo consapevoli della nostra piccolezza?».

Guardiamoci dentro

Per rispondere alla domanda di papa Francesco misuriamoci con una dichiarazione che Gesù ritiene tanto importante da richiamare la folla per ascoltarla: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». Come accogliamo e viviamo queste parole? Come roccia? La nostra fede ispira, accompagna e sostiene il nostro vivere quotidiano, oppure è un rifugio nei momenti in cui ci serve un supporto per realizzare i nostri desideri? Come pietra? Cioè sempre disponibili per la costruzione della Chiesa (parrocchia, associazione, gruppo…) e per contribuire a creare una società giusta e solidale? Siamo sassi? Quindi credenti in certi momenti e circostanze, con una fede che, come scrive l’’apostolo Giacomo: «se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta»?

La nostra croce

Dopo questi accenni di riflessione, lasciamoci “convocare”, come la folla in quel tempo, da Gesù per comprendere meglio il senso e l’importanza delle sue parole: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua», che possono essere intese come un caricarsi di tristezza e rinunce, invece che fonte di positività, operosità, gioia.

«Rinnegare se stesso» può essere inteso come svuotarsi, annullarsi, azzerarsi. Se lo si intendesse così, sarebbe giusto reagire negativamente e tenersi stretta la propria individualità, rifiutando di concederla a chi la chiede o a chi la impone. Gesù chiede esattamente il contrario. Egli invita a rinunciare al proprio orizzonte per entrare in una dimensione più vasta e universale. Lasciare a lui la scelta del come investire la vita vuol dire passare dall’«Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico». Al: «ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti»; dal «fu detto… al ma io vi dico…» (Mt 6, 21-48). Attenzione! Il «fu detto» è lo stesso che i nostri criteri umani continuano a dire.
«Prenda la sua croce e mi segua». Questo invito ci fa immediatamente immaginare di essere in cammino verso il Calvario, costretti a caricarci della sua croce come il Cireneo. Significativi a questo proposito sono i modi di dire usuali tra i fedeli: “mi è toccata questa croce”, e ancora peggio: “perché Gesù mi ha mandato questa croce”, secondo i quali la croce di Gesù sarebbe un peso da portare, o addirittura una punizione, mentre essa è la sorgente dell’energia con la quale il Signore ci aiuta a portare verso la risurrezione le nostre croci quotidiane, non per spingerci verso terra ma per farci volare alto.


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