È nei momenti difficili che serve riproporre i valori del Vangelo.
La festa della Santa Famiglia di Gesù, celebrata immediatamente a ridosso del Natale, può essere spoetizzante. Con il cuore e i sensi pieni delle immagini belle dei presepi, dei dolcissimi canti tradizionali, delle feste familiari piene di pace e di doni, delle strade delle città luminose come comete…, la sola parola: “famiglia”, cancella ogni poesia con immagini e notizie di separazioni, divorzi, rancori, femminicidi, vendette, tradimenti, matrimoni gay, trans, bambini contesi e offesi, uteri in affitto…
Bisogna evitare, però, di lasciarsi vincere, o condizionare da questi sentimenti e sensazioni, poco consoni a chi è chiamato dalla parola di Dio a gioire nel vedere «quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente».
Cedere al pessimismo perché la famiglia “modello Nazaret”, fondato sull’amore “unico, fedele, per sempre” tra un uomo e una donna viene data per sorpassata, significherebbe non avere fiducia nel Salvatore del mondo che abbiamo adorato.
Niente paura, lamentele e recriminazioni, quindi, ma presa di coscienza che è nostro dovere annunciarne la verità e la bellezza, riconoscendo che non sempre la testimonianza ha brillato e brilla. Purtroppo ci siamo comportati come coloro che amano ammirare i fiori sul balcone, però dimenticano di annaffiarli, meravigliandosi se li trovano secchi. Sostenuti dalle leggi civili contrarie al divorzio abbiamo finito per credere che la famiglia “modello Nazaret” fosse “naturale”, cioè che si potesse realizzare senza una fede profonda e continuamente rinnovata. Così senza il sostegno statale e con lo sconvolgimento culturale iniziato con il sessantotto (divorzio, aborto, femminismo, filosofia gender…) siamo stati richiamati a quello che avevamo messo un po’ da parte: l’evangelizzazione e la testimonianza.
Qual è la vera famiglia di Nazaret al di là delle rappresentazioni pittoriche e poetiche? È quella che il Vangelo ci presenta nel brano di questa domenica: due genitori “angosciati” che cercano da tre giorni il figlio dodicenne e che, quando lo ritrovano, non comprendono il suo: «Perché mi cercavate?». Questa famiglia sorta dalla fede alle grandi promesse di un angelo, si trova ad affrontare il parto fuori casa, la fuga in un paese straniero, il ritorno in patria non scevro da preoccupazioni, un figlio da far cresce in «sapienza e grazia». Ognuna di queste difficoltà avrebbe potuto essere motivo di crisi e di separazione. È ciò che avviene oggi quando la famiglia non parte dalla fede nel “modello Nazaret”, che è alto, bello e realizzabile, come tutto ciò che nasce dai pensieri di Dio, anche in un contesto sociale e culturale che sta tornando alla situazione degli inizi del cristianesimo, perché «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37).
A Roma e in tutti i territori dell’impero i discepoli di Gesù pochi, piccoli, poveri, perseguitati seppero proporre e testimoniare i valori della famiglia “modello Nazaret”: indissolubilità, unicità, fedeltà. Dobbiamo ripartire dal loro esempio.