Passare per un'altra strada

Epifania del Signore - Solennità

Non mettiamo il Natale nello scatolone delle luminarie.

L’Epifania tutte le feste se le porta via. Questo proverbio è indistruttibile non soltanto per la rima che ne facilita la memorizzazione, ma perché contiene e comunica una doppia verità.
La prima è la constatazione che un insieme di feste religiose e civili, molto gradite come stacco dalla pesantezza e dalla monotonia del quotidiano, si chiude, e si riparte con la nostalgia per quelle vissute e con l’attesa di quelle che verranno.
La seconda è che i Magi e la stella, protagonisti dell’Epifania, contengono un simbolismo efficacissimo per la riflessione sulla qualità della nostra fede, come dimostrò con la sua impareggiabile profondità Benedetto XVI nel suo discorso a Colonia nella Giornata Mondiale dei Giovani del 2005, che Giovanni Paolo II aveva lanciato con il messaggio: Per un’altra strada fecero ritorno al loro paese, per commentare il Vangelo: «Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese». Questa decisione è un avvertimento anche per noi a non farci portare via le feste, ma a farle essere una esperienza di vita e di fede.

Il nostro “per un'altra strada”

Terminati i riti sociali tradizionali e le celebrazioni liturgiche, si rientra nella vita feriale - “il nostro paese” -, o mettendosi tutto alle spalle, oppure con il proposito e l’impegno a non andarcene senza tracce profonde. Per raggiungere questo scopo il primo passo è seguire i Magi nel fare ritorno al “nostro paese” per un’altra strada, per evitare rischiosi incontri con Erode e con i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo. Il nostro Erode non è il corrotto e malvagio re di Gerusalemme, capace di ordinare la strage dei bambini di Betlemme (anche se le cronache di questi tempi inducono a pensare che la storia si ripeta con stragi di bambini in Palestina e in Ucraina più numerose e crudeli di quelle di Betlemme) ma tutto ciò che spinge verso una vita completamente svuotata dei valori spirituali, che finisce inevitabilmente per uccidere non Gesù, cosa che a Erode non riuscì (e a nessun altro!), ma la fede in lui.
Non meno importante è evitare i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo che credono in Dio, ma in un dio pronto a patteggiare grazie e miracoli in cambio di preghiere, riti e incenso.

La strada giusta

La strada giusta per farci portare via le feste è quella dei pastori che dalla grotta di Betlemme: «se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto», com'era stato detto loro: «Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore». Questo strada richiede di affinare e potenziare sempre di più la capacità di individuare la stella che porta a Betlemme tra quelle ingannevoli, e di riconoscere la voce dell’angelo tra quelle bugiarde, custodendo come Maria nel cuore tutto ciò che è stato ascoltato, pregato, adorato.

Preparare oro, incenso e mirra

Per essere pronti a vedere spuntare la stella e a partire come i Magi, è necessario preparare i loro doni: oro, incenso, mirra.
Oro è la fede liberata dalle pesantezze del “si è fatto sempre così”, dalle convenzioni che hanno sostituito le convinzioni. Oggi serve una fede forte, robusta, capace di confrontarsi con i problemi e le situazioni inedite che la vita pone davanti.
Incenso è la fede che bruciando dà il meglio di sé, perché così espande il suo profumo e diventa annuncio del messaggio, testimonianza del Vangelo, luce delle menti e delle coscienze.
Mirra, profumo forte dal sapore acre, considerata un simbolo della passione, perché offerta dai soldati a Gesù sulla croce, è la fede che resiste alle difficoltà. È l’impegno di ridare alla fede in Gesù la capacità di far restare turbato Erode e con lui tutta Gerusalemme per la paura di perdere il potere.


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