Quel pane è vivo perché è Cristo risorto

XIX Domenica del Tempo Ordinario - Anno B - 2015

Gesù si proclama chiaramente "pane disceso dal cielo" e i suoi contemporanei vanno in cristi: noi siamo capaci di fede autentica e concreta di fronte al miracolo sempre rinnovato dell'Eucaristia?

 

"Io sono il pane disceso dal cielo"; "io sono il pane della vita"; "io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo". Gesù non poteva essere più chiaro ed esplicito. E non attutisce e non addomestica le sue parole, anche se la folla comincia ad andarsene. Anzi, alza sempre di più l'asticella della difficoltà. Poveri Giudei! Noi generalmente immaginiamo che i contemporanei di Gesù fossero privilegiati rispetto a noi. Non è così. Proviamo a metterci al posto della folla che lo sta ascoltando. Sì, ha visto la moltiplicazione del pane e dei pesci, ma da lì a credere che quell'uomo, per quanto dotato di poteri eccezionali, potesse essere il pane disceso dal cielo, il pane della vita...

Noi, che crediamo senza averlo visto, siamo più facilitati, perché conosciamo il seguito delle sue parole e della sua storia, nonché la testimonianza che dalla sera dell'UItima Cena è arrivata ininterrottamente fino a noi, anche con segni straordinari (i miracoli eucaristici: Lanciano, Bolsena,
Morrovalle... ) per rafforzarla nei momenti del dubbio.

Ma questa nostra fede quanto è profonda e concreta? Per trovare una risposta sincera e coraggiosa, verifichiamo come viviamo due momenti fondamentali della Messa: la consacrazione e la comunione.

La consacrazione

In essa, le parole di Gesù si concretizzano e si avverano: il pane e il vino diventano realmente il suo corpo e il suo sangue. Ci crediamo che questa sua presenza sia reale? Teoricamente sì, ma in pratica? La consacrazione sta rischiando di diventare il momento più trascurato della celebrazione. All'inizio si canta, all'offertorio si canta e si compiono segni, alla comunione si canta..., invece può accadere che la consacrazione passi via velocemente, magari perché il prete si è accorto di avere esagerato con la predica. Pochissimi sono i fedeli che si mettono in ginocchio, anche dove ci sono le panche e non le sedie. Rarissimi sono quelli che guardano l'ostia e il calice, mostrati dal celebrante. Se credessimo davvero che lì c'è realmente Gesù, il nostro atteggiamento sarebbe pieno di meraviglia, di stupore, di adorazione.
Esaminiamoci!

La comunione

È il momento in cui Gesù risorto diventa carne della nostra carne. Diventa noi. Ne siamo realmente consapevoli quando prendiamo l'ostia consacrata sulla mano o sulla bocca? Se il Signore è lì in quell'ostia, nella nostra mano, perché guardare in giro, fare segni di croce e genuflessioni? Se crediamo che quello che il sacerdote ci mostra è il corpo di Cristo, perché il nostro: "Amen" arriva prima che il sacerdote dichiari: "Il corpo di Cristo"? Perché viene sussurrato debolmente? Perché viene sostituito con il: "Grazie"? Perché l'atteggiamento della mano e del corpo non è adeguato?

Domanda ancora più fondamentale: arriviamo davanti al sacerdote dopo aver attentamente esaminato la nostra coscienza, consapevoli di ciò che chiede san Paolo: "Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna" (1 Cor 11.28-29), oppure ci troviamo lì perché abbiamo seguito la fila - magari salutando amici e conoscenti nel percorso verso l'altare – senza pensare a ciò che dice Gesù: "Se dunque tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare, va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono" (Mt 23-24).

Siamo consapevoli che possiamo mangiare quel pane e bere quel calice soltanto se abbiamo cercato di vivere da "pane versato e vino versato" come Gesù, creando intorno a noi generosità, gratuità, perdono, pace, giustizia, altrimenti abbiamo bisogno del perdono del Signore per ricominciare umilmente e coraggiosamente a vivere come lui è vissuto?

Meditiamo!


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