Signore, da chi andremo?

XXI Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

Il rifiuto dei Giudei, il dubbio dei discepoli, la fede di Pietro.

La conclusione del lungo dialogo di Gesù con i Giudei dopo la moltiplicazione del pane e dei pesci sembra la sequenza di un film. Il segno, come lo chiama Gesù, ha suscitato una risonanza grandissima, tanto che alcuni vorrebbero addirittura farlo re. Ma Gesù, congedata la folla e chiesto ai discepoli di prendere la barca e andare verso l'altra riva del lago, in direzione di Cafàrnao, senza avvertirli che li avrebbe raggiuti camminando sul mare agitato, si ritira sul monte da solo. Il giorno dopo, la folla lo raggiunge con le barche. Lo trovano di là dal mare e cercano di attaccare discorso: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù non perde tempo con i preliminari, va dritto a bersaglio: «Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati». Scoperti nelle loro intenzioni, non abbandonano l’idea di verificare la sua disponibilità a usare i suoi poteri per sfamare la gente senza fatica e sudore. Ma Gesù cambia argomento, invitandoli a darsi da fare per il cibo che rimane per la vita eterna. Inizia, così, un dibattito tra i Giudei e Gesù sul pane del forno e quello che viene dal cielo. Le domande e le risposte vanno avanti serrate, e Gesù invece di attutire un discorso che umanamente sembra impossibile, alza sempre di più il livello della difficoltà, cosicché la folla comincia ad andarsene delusa e si assottiglia sempre di più. Quando poi Gesù arriva al punto più alto del suo messaggio: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui», persino i discepoli, coloro che lo seguivano con assiduità anche se non stavano sempre con lui come i Dodici, lo abbandonano: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù non li rincorre, e continua a esporre il suo messaggio finché attorno a lui rimangono soltanto gli Apostoli, che forse sperano in una spiegazione riservata, come accadeva dopo argomenti e parabole difficili e impegnativi. Invece niente! Gesù li sfida: «Volete andarvene anche voi?».
Rimangono lì senza parole, finché Pietro, con la sua straordinaria e misteriosa capacità di fidarsi e di affidarsi, rompe il silenzio e l’imbarazzo: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

Vogliamo andarcene anche noi?

Il racconto dell’evangelista Giovanni, tanto importante da occupare un intero capitolo del suo Vangelo, invita a entrare in esso come protagonisti, dall’inizio alla fine, dall’entusiasmo per la moltiplicazione del pane e dei pesci, al «Volete andarvene a che voi?». Abbiamo cercato di fare così nelle ultime domeniche, nelle quali sono stati sempre proclamati brani sullo stesso argomento, tentando di compiere una verifica della nostra fede nell’Eucaristia, e nella Messa con la quale viene celebrata.
Così facendo, abbiamo scoperto che per certi aspetti forse siamo come i Giudei, con la differenza che essi manifestavano apertamente l’incredulità nelle parole di Gesù, contestandolo vivacemente, mentre noi rischiamo di darle per scontate, relegandole nel limbo di una fede incerta nella presenza reale, e superficiale nella sua celebrazione. Come evitare questo rischio? L’unica via è rafforzare e ravvivare la fede nelle parole di Gesù: «la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda», sono parole di vita eterna. È necessario scegliere tra il dubbio e l’incredulità dei discepoli: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?», e l’affidamento di Pietro: «Da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna». Con quella dei discepoli si finisce fatalmente per abbandonare la Messa, come sta accadendo. Con quella di Pietro si fa della Messa, come diceva il giovane Carlo Acutis, un’autostrada per il cielo, come per grazia di Dio sta accadendo.


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