Tutti figli di Zebedeo

XXIX Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

Il corrosivo desiderio di primeggiare.

Per comprendere meglio il brano del Vangelo che questa domenica proclama è bene conoscere i versetti precedenti, nei quali si dice che Gesù, andando a Gerusalemme, rivela agli apostoli: «il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà». Era l’annuncio più esplicito di ciò che lo aspettava.
Nel mentre, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, «si avvicinarono a Gesù e: “Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo”». Cosa gli chiederanno? La spiegazione di quelle parole misteriose? La promessa che gli sarebbero rimasti fedeli e vicini per sostenerlo e confortarlo? No: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».

Cosa spinge i figli di Zebedeo a fare una richiesta così inopportuna in quel momento? È la ricerca del potere; è la bramosia di arrivare primi, è la soddisfazione di guardare gli altri dall’alto in basso, è l’istinto più insidioso, radicato, potente che provoca e alimenta tutte le guerre e le battaglie con il disastroso seguito di ferite, di sofferenze e di ingiustizie nella vita delle persone, nella società, nel mondo, come questi nostri giorni stanno drammaticamente dimostrando. È un desiderio spesso nascosto e inconfessato, che non ci abbandona mai, e che vorrebbe mettere anche Dio a nostro servizio. Quando la nostra preghiera non è: “Sia fatta la tua volontà”, ma: “Signore, fai quello che ti chiediamo”, la nostra richiesta non è come quella dei due fratelli?

La pagliuzza e la trave

Vedere in azione questo bisogno di primeggiare è irritante e fastidioso, soprattutto se ne dobbiamo pagare le conseguenze, infatti lo si condanna con decisione e a volte anche con rabbia. Negli altri però, e non sempre per motivi nobili. È ciò che accade agli altri dieci apostoli nei confronti dei due fratelli. Essi, «avendo sentito [la richiesta dei due al maestro] cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni». Ma non perché ritenevano sbagliato il loro comportamento, bensì perché essi avevano trovato il coraggio e la tempistica per fare quello che anche essi avrebbero voluto fare, ma non avevano osato. Anche nel condannare la ricerca del potere è più che mai facile guardare la “pagliuzza” negli altri che la trave nei nostri occhi.

L’antivirus

Per contrastare questa voglia che rende la vita difficile a se stessi e a chi ne deve sopportare le conseguenze c’è la proposta di Gesù: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti». Gesù è perentorio. Non dice: “cercate di mettere in pratica queste mie parole”, “fate di tutto per riuscire a perseguire questo traguardo”, ma: «tra voi non è così». Se fosse così, non si è suoi discepoli. E non potrebbe essere altrimenti perché Gesù oltre a dichiararlo lo ha testimoniato: «Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Da grandi a servitori, da primi a ultimi, da padroni a schiavi, chiede Gesù. La storia dell’umanità è stata una lotta per realizzare il contrario: da servitori a grandi, da ultimi a primi, da schiavi a padroni. È così anche nel nostro presente. Vivere controcorrente è una medicina amara, ma non ce n’è un’altra e per grazia di Dio, coloro che l’hanno presa e la prendono sul serio sono stati e sono molti di più di quelli che si pensa. A noi la decisione.


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