Vedere ciò che non si vede

X Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

Sempre coinvolti nella scelta tra il bene e il male.

I racconti del libro biblico della Genesi sulla creazione del mondo, dell’uomo e della donna, anche a prescindere dal messaggio religioso, non sono favolette per creduloni, ma testi eccezionali. Non dobbiamo pensarli, però, come vicende accadute chissà dove e chissà quando, ma attive adesso, con noi coinvolti e protagonisti.

Nudi e vergognosi

«Ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto», risponde l’Uomo a Dio che lo chiama. Chi non ha mai vissuto l’esperienza di sentire il bisogno di nascondersi davanti a Dio per essersi scoperto nudo, dopo aver tentato di mangiare «dell’albero della conoscenza del bene e del male», cioè di stabilire autonomamente, sottraendosi al Creatore, ciò che è bene e ciò che è male? Creati per amore a sua immagine e somiglianza, perciò chiamati a vivere e in grado di vivere in modo da rispecchiare il suo amore, la sua grandezza, la sua bellezza, la sua bontà, quante volte abbiamo sentito il bisogno di intrecciare foglie di fico per farne cinture e vincere la vergogna, andando a nasconderci tra gli alberi per evitare il suo sguardo? Quando diciamo e sentiamo esclamare - troppo spesso purtroppo - “guarda cosa si deve vedere!”, “ma dove siamo arrivati!”, non esprimiamo altro che il bisogno di andare a nasconderci come l’Uomo e la Donna nel giardino dell’Eden. Come non vergognarci quando, convinti di essere grandi, sinceri, onesti, ci accorgiamo di essere completamente diversi? Come non esclamare: “ma dove siamo arrivati?”, davanti alla crudeltà, all’odio, alla violenza, alla distruzione, alla noncuranza verso i deboli e gli innocenti, alle guerre che stanno distruggendo e facendo morire di fame popolazioni intere, alla miseria, alla violenza, al terrorismo, alle disuguaglianze gigantesche tra pochi ricchi e masse di poveri? Ci vergogniamo, con il bisogno di nasconderci tra gli alberi tutte le volte che ci riconosciamo nudi del bene, del bello, del buono per i quali siamo stati creati e attrezzati a compierli. Se non lo abbiamo mai fatto, affrettiamoci a farlo.

Irresponsabili   

All’Uomo e alla Donna usciti dal nascondiglio, Dio, per aiutarli a capire che non avevano rispettato la sua volontà, chiede: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Invece di prendere consapevolezza, essi scaricano sull’altro la responsabilità. «È colpa della donna che tu mi hai posto accanto», risponde l’Uomo. Quindi la responsabilità è di chi gliel’ha messa accanto, cioè di Dio. «È colpa del serpente», afferma la Donna. Non doveva stare lì. Proprio come noi, senza problemi a scaricare sugli altri le responsabilità, e in ultima istanza a Dio: “ma perché Dio non fa niente?”; “perché ha creato il male?

Né sfiduciati né arresi

Allora il racconto della Bibbia è un’ingenua favoletta? Tutt’altro. Il racconto è per noi, come lo è stato e sarà per gli uomini e le donne di sempre: un invito misericordioso a non mangiare «dell’albero della conoscenza del bene e del male», e a non scaricare sugli altri le responsabilità, come la cronaca “nera”, e il triste panorama delle conseguenze, sia a livello personale, che sociale, che mondiale dimostrano. Il racconto, però, non è un invito alla resa, ma un’incoraggiante richiesta paterna a risalire da qualsiasi bassezza in cui il serpente ci abbia trascinato, o tenti di trascinarci.
La vicenda dell’Uomo e della Donna nel giardino dell’Eden vive, coinvolge, interroga, esorta all’obbedienza al Creatore. Dobbiamo saperla scorgere non fissando lo sguardo sulle cose visibili, che sono di un momento, ma su quelle invisibili che sono eterne, e viverla da protagonisti, compiendo la volontà di Dio per diventare familiari di Gesù, suoi “fratelli”, “sorelle”, “madri”.

P.S. Uomo e Donna sono con la maiuscola per ricordare che non sono Mario, Francesca, Sergio, Marina… ma tutti gli uomini e tutte le donne: tutti noi.


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