Risurrezione

Pasqua 2025

Gesù è nel sepolcro. Le persone a lui più care sono distrutte dalla perdita. Sua madre e le altre donne a lui vicine lo hanno sepolto e si preparano per imbalsamare il suo corpo. I discepoli si sono dispersi, sono nascosti da qualche parte, lottando ognuno con i propri personali ricordi della Passione: l’abbandono, la paura, il sapere di averlo lasciato solo, l’averlo rinnegato.

E lottano anche contro la sensazione di fallimento di un progetto, di un sogno, di una buona notizia che alla fine ha condotto il loro Maestro a morire in croce. Giuda non è stato capace di affrontare il tradimento che lui stesso ha perpetrato, e si è suicidato.
Le autorità tornano alle loro dinamiche consuete e i potenti tornano alle loro prigioni dorate: la Legge per Caifa, la banalità per Erode, il proprio tornaconto per Pilato. Simone di Cirene, Malco, Giuseppe di Arimatea, Claudia (la moglie di Pilato)…: ognuno di loro dovrà cercare di capire ciò che è accaduto in questi giorni e poi agire di conseguenza. È la fine di un’epoca, di un ciclo, di un sogno? È forse arrivato il momento di girare pagina e andare avanti, cercando di non dimenticare gli insegnamenti del Maestro, certo, ma pur sempre tornando alla vita di prima? L’autunno, la nostalgia e la nebbia sembrano avere l’ultima parola.
E invece, qualche tempo dopo, ecco che torneremo a incontrare quegli stessi discepoli per le strade: parlano senza timore alcuno, affrontano i pericoli, guardando in faccia coloro che avevano condannato il loro Maestro. Li vedremo ancora, forti e sicuri. Convinti che la morte non abbia l’ultima parola, che Dio davvero era con lui, con Gesù, e che è proprio lo stesso Gesù che ora li accompagna, nello Spirito. Li vedremo pieni di gioia, di coraggio, di forza.

Tra i due momenti – la Passione e la gioia piena di coraggio – tutti loro hanno sperimentato la risurrezione. La risurrezione è difficile da descrivere. Non può essere contemplata nello stesso modo in cui contempliamo gli altri episodi. Perché, pur essendo qualcosa che accade nella storia, allo stesso tempo la trascende. Perché la presenza di Gesù si manifesta in un modo difficile da capire per gli stessi discepoli, che nei loro racconti cercano di spiegare che cosa accadde, coscienti che molte volte neppure loro lo capiscono completamente e fanno fatica a parlarne. Lo vedono, e non lo vedono. C’è, ma non sempre lo riconoscono. O lo riconoscono, ma se n’è appena andato. Gli uni lo raccontano agli altri. C’è, è lì con loro, ma poi sparisce. Lo vogliono trattenere, ma non possono. Che cosa sta succedendo? È una visione? È sentimento? È intuizione? È incontro? Forse è un po’ di ognuno di questi aspetti. I gesti cominciano ad acquisire forza: lo spezzare il pane diventa un punto di riferimento. Alla luce di quello che è successo, cominciano ad aver senso le sue parole riguardo il vincere la morte. Sentono dentro sé stessi una presenza che li porta a parlare dello spirito di Gesù nelle loro vite. Sanno di essere stati inviati e di avere una missione, che consiste nel continuare il cammino aperto dal loro Maestro. Una certezza germina dentro di loro e li sopraffà a poco a poco. Non è temerarietà né follia, ma la lucidità di chi si mette in cammino. E come conseguenza diretta di tutto ciò perdono ogni traccia di paura. Osano uscire allo scoperto e continuare la sua missione. Saranno loro a proclamare la buona novella. Saranno loro a continuare ad abbattere muri, guarire ferite, svuotare
sepolcri e proclamare la salvezza. Saranno loro a dare la vita, seguendo i suoi passi fino alla fine.

Ed è stato davvero così, tanto che secoli, millenni più tardi siamo ancora qui, a raccogliere il testimone, eredi di quella promessa, di quella parola, di quella missione. A volte mi chiedo perché, se davvero crediamo che sia risuscitato, non siamo le persone più felici del mondo. Perché non se ne siano andati anche dalla nostra vita i dubbi, i sospetti e le incertezze. D’altro canto, potremmo anche chiederci perché Gesù non rimase, vivo e risorto, tra i suoi. E già che ci siamo, perché non si fa vedere in tutta evidenza anche oggi. Sarebbe stato più facile, per noi, no?

In parte, credo sia perché tutti e ognuno di noi, in modi diversi, siamo chiamati a riprodurre questo itinerario che va dalla notte della morte a un’alba di luce radiosa. Ma siamo chiamati a farlo con libertà, non obbligati dall’evidenza o da una presenza imposta. In Gesù, Dio non è venuto a revocare la nostra libertà, ma – al contrario – a restituircela. E ora sta a noi continuare a cercare. A cercare lui. A cercare la verità che rivela, appoggiandoci a quello che altri a poco a poco scoprono e comunicano.

Siamo, perciò, cercatori di Dio. Siamo la gente del Sabato Santo, in attesa di un barlume di speranza. Siamo quelli che hanno sentito la buona notizia, ma ancora dobbiamo scoprirne i contorni. Siamo coloro che, con fiducia nella sua testimonianza, si sono messi in cammino in cerca di risposte, di senso… e – in fin dei conti – in cerca di lui. E siamo, infine, quelli che a volte lo intravedono, sapendo però che non possiamo trattenerlo se non torna a noi.

I nostri auguri di Pasqua, quest’anno, si vestono delle parole del noto sociologo spagnolo p. José Maria Rodríguez Olaizola, sj. Che in Risurrezione (collana Spuntini per l’anima - Paoline), così si esprime.

Auguri a noi dunque, cercatori di Dio e gente del Sabato Santo in attesa di un barlume di speranza. A noi che crediamo alla bella notizia della risurrezione perché… siamo tra quelli che il Risorto lo hanno “intravisto”!


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