Ricorrono il prossimo 12 febbraio i vent’anni della scomparsa di sr Dorothy, uccisa per essersi schierata a favore degli ultimi e dell’ambiente.
Era la voce di chi non aveva voce, sr Dorothy Stang, missionaria statunitense della congregazione delle Suore di Nostra Signora di Namur. Si era schierata contro i latifondisti dello stato brasiliano del Parà, che avevano dato a quella terra tristi primati in termini di deforestazione, abusi dei diritti umani e crimini ambientali.
La mattina del 12 febbraio 2005 sr Dorothy era sola su un camion nel mezzo della foresta amazzonica. Aveva con sé la Bibbia e alcuni documenti con delle istruzioni per il Sustainable Development Project, un progetto di sviluppo sostenibile che stava portando avanti con passione insieme alle consorelle della sua congregazione. Aveva già ricevuto minacce, ma quando vide di fronte a sé giovani armati capì di essere seriamente in pericolo. Cercò di parlare con loro, di dissuaderli, leggendo anche alcuni brani del Vangelo. Ma a nulla valsero le sue parole: sei colpi sparati a bruciapelo la fecero cadere a terra nel mezzo della foresta, esanime.
Leggiamo nel libro Prima martire del creato, che Valentino Salvoldi ha dedicato alcuni anni fa alla missionaria americana: «La storia di Dorothy mette in evidenza il fatto che il progresso provoca anche vittime e sopraffazioni. Nel conflitto d’interessi ci si deve mettere dalla parte degli ultimi, dei piccoli e dei poveri. Si deve difendere il diritto alla differenza, alla convivenza e alla coesistenza pacifica di ogni essere umano […]. La suora nordamericana che ha fatto del Brasile la sua patria, si erge come possente voce profetica a riscattare con il suo sangue le ingiustizie e a tener viva la speranza dei poveri e degli oppressi».