Cento anni fa (10 giugno 1024) veniva rapito e assassinato da un commando fascista il parlamentare socialista.
L'Italia del primo dopoguerra era un Paese caratterizzato da disillusione e malcontento. Un clima di cui seppe approfittare Mussolini. Diventato Capo del Governo dopo la Marcia su Roma, il fondatore del Partito fascista, grazie anche a brogli, intimidazioni e violenza, riuscì a vincere le elezioni politiche del 6 aprile 1924.
Giacomo Matteotti, deputato socialista, che già dal 1921 aveva cominciato a denunciare pubblicamente la violenza delle squadre fasciste, prese la parola alla Camera il 30 maggio, con un nuovo, esplicito atto d’accusa: «L'elezione, secondo noi, è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni. In primo luogo abbiamo la dichiarazione fatta esplicitamente dal governo, ripetuta da tutti gli organi della stampa ufficiale, ripetuta dagli oratori fascisti in tutti i comizi, che le elezioni non avevano che un valore assai relativo, in quanto che il Governo non si sentiva soggetto al responso elettorale, ma che in ogni caso - come ha dichiarato replicatamente - avrebbe mantenuto il potere con la forza […]. Per vostra stessa conferma dunque nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà».
La risposta dei vincitori delle elezioni non si fece attendere. Nel pomeriggio del 10 giugno, Matteotti fu rapito e ucciso da un commando fascista. Un omicidio che sconvolse l’Italia, dando vita a proteste contro il regime, fuori e dentro il Parlamento. Dopo mesi di confusione e incertezze, Mussolini, nel celebre discorso del 3 gennaio 1925, si assunse la responsabilità “morale” dell’omicidio ma mostrò anche l’intenzione di zittire ogni forma di opposizione, dando vita a quel Ventennio che si concluderà soltanto con la fine della seconda Guerra Mondiale.
Se l’omicidio Matteotti segnò l’inizio della Dittatura fascista, rappresentò però anche l’inizio dell’opposizione a quella dittatura. Non a caso nel 1947, durante i lavori dell’Assemblea Costituente Piero Calamandrei ricorderà che «la Resistenza è stata possibile perché Matteotti è stato pugnalato». Celebrare Giacomo Matteotti, significa dunque non soltanto ricordare l’efferato omicidio di cui è stato vittima, ma anche quel seme di libertà che ha saputo gettare e che è germogliato pienamente anni più tardi.
La storia, narrata nel libro Hanno ucciso la libertà!, di Ilaria Mattioni, è vista con gli occhi di Albe Steiner, nipote di Giacomo Matteotti. Il libro è corredato da laboratori didattici, utili per ragazzi e insegnanti.