A dispetto della sua “deriva” commerciale, la Giornata Internazionale della donna dovrebbe essere soprattutto occasione di denuncia del mancato raggiungimento della piena parità.
La Giornata è stata istituita ufficialmente dall’ONU nel 1977. C’è chi fa risalire la scelta della data alla partecipazione di molte operaie russe alla grande manifestazione del 1917 contro la Prima Guerra Mondiale (evento che diede il via alla Rivoluzione comunista); chi, invece, fa riferimento all’incendio che nel 1911 uccise 134 lavoratrici in una fabbrica di camicie di New York.
Di fatto, al di là delle origini della data e dell’istituzione ufficiale nel 1977, già nei primi decenni del Novecento si cominciò in più parti del mondo a celebrare la Giornata della Donna. In Italia s’iniziò nel 1922, ma fu celebrata solo per pochi anni, perché l’avvento del regime mussoliniano portò ad un’estremizzazione di quel pensiero maschilista che permeava la società, e che vedeva la donna come angelo del focolare, relegata ad una “funzione” di cura dei figli, del marito e della casa.
Si dovette attendere il crollo della dittatura fascista e la fine della Seconda Guerra Mondiale perché le celebrazioni della Giornata fossero riprese. Anche se, di fatto, tanti segni di consapevolezza e lotta erano stati piantati proprio durante il conflitto globale. Come quelli narrati nel romanzo di Laura Cappellazzo Come braci sotto la cenere: la storia – ispirata a fatti realmente accaduti – delle ragazze che nel 1943 fondarono l’Associazione Guide Italiane (confluita in seguito nell’AGESCI). Una vera rivoluzione che seppe infrangere i pregiudizi e le discriminazioni, promuovendo la parità e formando le donne affinché potessero entrare a pieno titolo nella società, dando un fondamentale contributo alla ricostruzione.
Un esempio da ricordare, in queste nuove celebrazioni dell’8 marzo.
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