La speranza di Dio

Padri e Madri nella Speranza - 1

La Scrittura è storia di speranza, di promesse, di futuro e Dio ne è il regista principale. È corretto affermare che anche Dio ha una sua speranza? Dirlo con certezza è complicato, dal momento che Egli compie ciò che desidera come lo desidera e la speranza umana, invece, è suscitata dall’attesa di qualcosa che non possediamo, e di cui solo Dio, totalmente diverso da noi, può disporre.

La Scrittura si apre e si chiude con due pagine traboccanti speranza, narrate in Genesi e nell’Apocalisse.
La prima, narrando l’inizio del mondo (Gen 1-2), mostra Dio stupito dinanzi alla creazione uscita dalle sue mani: «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (cfr. 1,31). Lo stupore è il suo sogno/speranza che l’umanità «creata a sua immagine e somiglianza» (Gen 1,27) viva in comunione con Lui; con gli altri esseri umani; con il creato.
Ben presto malvagità e violenza deturpano, però, il mondo creato buono: Adamo ed Eva dubitano della bontà del suo comando e lo trasgrediscono; Caino uccide il fratello; Lamech semina violenza.
La speranza (sogno) di Dio è come ferita. «Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che… la terra era corrotta» (cfr. Gen 6,6-8). Ma Dio non si perde d’animo e reagisce inviando sulla terra un diluvio che distrugge gli esseri viventi. Ma non tutti, però! Salva Noè che: «era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio» (Gen 6,9) e gli animali che con lui entrano nell’arca. Ecco la Sua speranza: basta un giusto per salvare l’umanità e dare all’universo un nuovo avvio su di una nuova base.
Dopo il diluvio, Dio, con Noè e la sua famiglia, inizia una nuova creazione, come quella originaria: «E voi, siate fecondi e moltiplicatevi, siate numerosi sulla terra e dominatela» (Gen 9,1). La presenza di Noè, uomo giusto, Gli fa sperare che la sua discendenza collaborerà alla realizzazione di una creazione armoniosa. E spera che la corruzione non si ripeterà mai più. L’arcobaleno, simbolo e segno di alleanza tra Dio e l’umanità, sigilla questo nuovo inizio, colmo di speranza.
In realtà, Dio, in qualche modo, “rivede” le sue esigenze perché osserva che l’umanità non cambia e non cambierà «perché ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall'adolescenza» (cfr. Gen 8,21-22). In altre parole, il cuore umano non cambia, ma cambia Dio che, nonostante la “brutta” esperienza, continua a sperare nella creatura uscita buona dalle sue mani.

I primi undici capitoli della Bibbia, sono eziologici, rispondono, cioè, con il linguaggio mitico del tempo alle domande sulla vita, sul peccato, sulla morte, sulla presenza del male nel mondo che l’essere umano si pone da sempre. Come tali, questi capitoli fanno da prologo all’intera Bibbia.
I profeti, che leggono la storia alla luce della parola di Dio, presentano la delusione e la speranza di Dio con i linguaggi umani del loro tempo: minacce, oracoli, parabole. Suggestivo è il canto della vigna (Is 5,1-7). Dio si paragona a un vignaiolo attento e pieno di speranza nella sua vigna, che rappresenta Israele, il popolo scelto. Essa, invece, lo delude. Attendeva uva buona e, invece, ne produsse di aspra. Fuori metafora attese rettitudine e invece il popolo scelto sparse sangue, attese giustizia e invece ci furono grida di angoscia. Dio attende perché spera! La delusione non lo scoraggia e la vigna infedele, degna di essere distrutta, grazie alla sua speranza attiva sarà, nonostante tutto, deliziosa.

«In quel giorno la vigna sarà deliziosa:
cantàtela!
Io, il Signore, ne sono il guardiano,
a ogni istante la irrigo;
per timore che la si danneggi,
ne ho cura notte e giorno.
Io non sono in collera.
[...] Si afferri alla mia protezione,
faccia la pace con me,
con me faccia la pace! (cfr. Is 27,2-5).

La speranza di Dio è la forza che spinge la nostra storia verso la realizzazione definitiva. Speranza di Dio che si realizza in Gesù, il Figlio amato, che, con il suo mistero pasquale, apre l’accesso alla nuova creazione. L’Apocalisse, ultimo libro della Scrittura, termina, infatti, con la visione della nuova Gerusalemme che realizza la speranza di Dio e dell’umanità (cfr. Ap 21,1-6). Ciò è possibile perché Gesù, Agnello morto e risorto, con la forza della sua risurrezione, distrugge le forze del male che sembrano vincere. In questo combattimento, coinvolge tutti coloro che lo seguono. Ed essi, insieme a Lui - loro stella del mattino (cfr. Ap 22,16), cioè, sicura speranza – vincendo, come lui, il male con il bene, collaborano a instaurare il Regno di Dio. Benché già presente, lo invocano con forza: «Vieni Signore Gesù», realizza, nella storia, con la nostra partecipazione, il sogno/speranza del Padre di un mondo pacificato e non-violento. Come la creazione originaria “sognata” e sperata anche dal profeta Isaia (cfr. Is 11,1-9).

Preghiamo
Dio, nostro Padre, la tua ostinata speranza di vederci felici
suscita in noi la speranza di cercarti
e accende nel nostro cuore il desiderio
di camminare come il giusto Noè sulle tue vie.
Sicuri del tuo aiuto nelle prove,
speriamo, con forza, di non soccombere
dinanzi al male che ci affligge.
Lo Spirito del tuo Figlio
corregga le nostre attese sbagliate,
rafforzi le nostre deboli speranze;
e, nel cammino verso la Gerusalemme celeste,
ci renda profeti della Tua
speranza che non delude mai. Amen!

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