Rebecca, seconda delle matriarche, il cui nome significa “corda” che, in senso figurato, «cattura con la sua bellezza», è uno splendido esempio di pellegrinaggio nella speranza, vissuto con perseveranza, nelle strade volute da Dio. Donna e madre coraggiosa “vede” ciò che il marito Isacco non percepiva perché «gli occhi si erano indeboliti e non ci vedeva più», non solo in senso fisico ma anche esistenziale: era debole la visione del futuro. Rebecca, invece, vede lontano e si adopera per realizzare i disegni di Dio.
La storia di Rebecca s’intesse con quella di Isacco che, pur avendo quarant’anni, dopo la morte di Sara, vive ancora con il padre. Abramo che, preoccupato per il suo futuro, manda il proprio servo in Mesopotamia, tra il popolo da cui proveniva, per cercargli una moglie. La ragazza che Dio gli indica è Rebecca, nipote di Abramo. È una donna bella e, rispetto a quei tempi, libera da schemi costrittivi. Di sua iniziativa parla con il servo, lo disseta con la brocca che riempie d’acqua del pozzo, e fa bere anche i cammelli. Lo conduce poi a casa sua, permettendo ai fratelli di conoscere il motivo del suo viaggio. Appena i fratelli le domandano se vuole andare con quell’uomo, nella casa del suo futuro sposo, lei, subito, acconsente, decidendo del suo futuro.
Questa audacia sembra contraddire, persino, le parole della Genesi: «Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un'unica carne» (Gen 2,24). Qui è Rebecca che lascia la casa del padre, percorrendo lo stesso cammino di Abramo e Sara. Come loro, Rebecca si fa pellegrina di speranza verso una meta sconosciuta, sognando un marito ideale, attivo, intelligente, generoso. Isacco, invece, ha un carattere passivo. In lei, che ama subito, vede la sostituta della madre: «Isacco introdusse Rebecca nella tenda che era stata di sua madre Sara; si prese in moglie Rebecca e l'amò. Isacco trovò conforto dopo la morte della madre».
Oltre ad avere un marito diverso dai suoi sogni, si aggiunge la sterilità che mette a rischio la sua speranza di essere madre. Dopo vent’anni di sofferenza e di preghiera da parte di Isacco, Rebecca rimane incinta di due gemelli. La gioia, ben presto, si scontra con una grande prova. I gemelli che porta nel seno si urtano. Presa da timore, secondo gli usi del tempo, consulta l’oracolo, il quale le annuncia che nel suo seno si combattono due nazioni e il maggiore, Esaù servirà il minore, Giacobbe. Rebecca desidera morire piuttosto che vedere due fratelli in conflitto e con attenzione segue il loro sviluppo.
Esaù, diventa contadino e ama la caccia; Giacobbe è, invece, un tranquillo pastore. Isacco predilige Esaù, perché gli procura la selvaggina. Rebecca preferisce Giacobbe perché è riflessivo e sa difendere il gregge. La primogenitura, che dona il diritto alla benedizione del padre, secondo le usanze del tempo, toccava a Esaù, che, però, si era mostrato poco responsabile. Rebecca li ama entrambi ma capisce, come l’oracolo le aveva detto, che la benedizione deve riceverla Giacobbe. Si attiva per fare in modo che Isacco lo benedica. Il piano che studia, sostituendo a Esaù il fratello minore, Giacobbe, è pericoloso. Ciò nonostante si assume la responsabilità.
A Giacobbe, pieno di paura, dice: «Su di me la tua maledizione figlio mio». Giacobbe, guidato dalla madre, carpisce la benedizione del padre, ricevendo i beni della primogenitura. Per sottrarsi all’ira del fratello, che in realtà gliela aveva già venduta per un piatto di lenticchie, esortato dalla madre, fugge dallo zio Labano, nella terra da dove erano partiti sia la madre che Abramo e Sara. Rebecca, preferisce non rivederlo più piuttosto che assistere all’odio fratricida. Di fatto non lo vedrà più. Giacobbe ritornerà nella sua terra dopo la morte della madre, quando è già padre di una numerosa discendenza ma, soprattutto, padre nella fede. Ai suoi numerosi figli trasmette la certezza che, nel percorso tortuoso della sua vita, Dio è stato con lui, sempre, proteggendolo. E lo sarà anche con i suoi discendenti. Si riconcilierà anche con il fratello.
Senza questa madre coraggiosa, mossa dalla speranza che fa osare, forse Giacobbe sarebbe rimasto un tranquillo pastore, avrebbe vissuto sempre nelle tende e allo stesso modo. Rebecca gli insegna a osare il futuro. Dalla discendenza di Giacobbe nascerà Gesù, il Dio con noi, speranza e benedizione per tutti i popoli.
La storia di Rebecca è narrata in Gen 24,1-67; 25,19-34; 27,1-46; 28,1-5.
Preghiamo
Signore,
tu hai creato la donna
come aiuto e alleata corrispondente all’uomo
e, in Rebecca, indichi che essere donna e madre
è visione, cammino, speranza attiva, responsabilità.
Dona alle madri di oggi,
la saggezza che insegna ai propri figli
a percorrere le strade, anche impervie,
preparate da Dio per loro,
secondo il tuo progetto di bene.
Rendile capaci,
di vivere il doloroso distacco
che la loro crescita responsabile,
necessariamente richiede.
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